E adesso, povero Nicolás? Accompagnato dal gran coro dei gerarchi chavisti d’ogni livello e d’ogni nazionalità, il presidente venezuelano aveva a gran voce invocato (ed additato al pubblico disprezzo), un ‘profugo fascista’, un ‘cobarde’, anzi ‘un cobardón como todo los fascistas’ che, rifugiatosi in terre straniere per sfuggire alla giustizia, vilmente si rifiutava di ‘dar la cara’. Ovvero: di mostrare al popolo indignato il suo “insanguinato volto di assassino”. ‘Entregate, cobarde’, consegnati vigliacco, aveva più volte ripetuto, nei suoi quasi quotidiani messaggi a reti unificate, Nicolás Maduro. E chiaro era ad ogni raziocinante persona come quel ‘entregate’ stesse, in realtà, per ‘continua a fuggire, Leopoldo’, perché è di un latitante che io ho bisogno. È invece accaduto che il ‘cobarde’ – il summenzionato Leopoldo – non solo abbia infine mostrato il suo volto, ma l’abbia fatto con ostentata e provocatoria spettacolarità sulla pubblica piazza, accompagnato, martedì mattina, da una gran massa di gente che, se è forse eccessivo qualificare come “popolo”, appariva in effetti molto, ma molto indignata. Non con l’arrestato, tuttavia, bensì con gli arrestanti…
Un bel guaio per il ‘figlio’ ed ‘apostolo’ di quello che la religione di Stato (perché proprio questo è diventato il chavismo in Venezuela) impone di chiamare il ‘comandante supremo y eterno’, Hugo Chávez Frías, alias ‘el Gigante’ o, in alternativa (anzi più spesso in aggiunta), ‘el Cristo redentor de los pobres’. Voleva un fuggitivo, Nicolás Maduro. Ma quello che ha alla fine ottenuto è soltanto – ed a tutti gli effetti – un prigioniero politico. E la cosa è grave perché l’erede designato dall’ ‘eterno’, dovrà ora, per questo, fare almeno formalmente i conti con qualcosa che – da sempre, ma in particolare in questi ultimi tempi di crisi profonda – i governi bolivariani hanno valutato con grande sospetto o addirittura, più spesso, con aperta ostilità. Vale a dire: la verità dei fatti.
Breve riassunto – come si usava dire nei vecchi ‘teleromanzi’ della Rai – delle puntate precedenti. Gli studenti venezuelani sono, nei giorni scorsi, scesi in piazza con l’appoggio di una parte dei partiti di opposizione (fondamentalmente: il partito Voluntad Popular, guidato dal 41enne Leopoldo López, numero due, dopo il governatore dello Stato di Miranda ed ex candidato presidenziale Henrique Capriles, della cosiddetta Mesa de Unidad Democratica). Tema delle manifestazioni: “La salida”, l’uscita da un modo di governare il paese – quello del chavismo, per l’appunto – che a detta dei protestanti (ed anche dei freddi dati statistici) ha portato inflazione, carestia, restrizione delle libertà democratiche, corruzione ed una trionfante criminalità. Come è mille volte accaduto in ogni parte del mondo, ai margini di queste manifestazioni, pacificamente convocate e pacificamente svoltesi, si sono verificati scontri che hanno provocato almeno tre morti (due studenti ed un poliziotto, membro dirigente d’una delle formazioni paramilitari filo-governative, i cosiddetti ‘colectivos’).
Per Nicolás Maduro, per il governo chavista e per i chavisti tutti, inclusi quelli nostrani, questo non è stato, anzi, non continua ad essere, che un ‘tentativo di golpe’ guidato dall’Impero statunitense. Vale a dire: parte di una saga che ha conosciuto un vero golpe (quello del 2002, la cui vera storia è stata, tuttavia, oscurata dalla versione imposta dal catechismo di Stato) ed una serie di quasi un centinaio di repliche immaginarie, in forma di golpe o di ‘magnicidio’ – vedi la bella ‘infografía’ preparata mesi fa da Ùltimas Noticias, un giornale filo-governativo il cui direttore, Eleazar Díaz Rangel, ha conservato un minimo di dignità giornalistica – tutte pomposamente annunciate e tutte (io stesso accennai alla cosa in un altro post) regolarmente svanite nel nulla, come le favolette che, raccontate ai bambini all’ora del sonno, cessano non appena il pupo s’addormenta. Niente arresti (o arresti fasulli), niente processi, niente di niente. Solo parole. Parole o, per meglio dire, grida diventate, surrealmente e paradossalmente, una cartesiana architrave del chavismo. L’impero mi vuole morto, dunque sono…
La differenza è che, stavolta – a dispetto di quelle che, ne sono convinto, erano le vere intenzioni del governo – un arresto c’è. E si tratta d’un esponente molto in vista dell’opposizione che, ora, dovrà essere giudicato, condannato o assolto, di fronte al mondo. Che cosa ci racconterà, adesso l’apostolo Nicolás? La domanda è interessante perché i veri, grandi nemici del regime, ossia i già menzionati fatti – qui brillantemente e specificamente illustrati da un altro reportage di Ùltimas Noticias – già hanno cominciato a raccontarci cose molto interessanti. Sul ruolo che, in questi ed in altri incidenti hanno avuto gli squadristi dei colectivos’, ad esempio. E come a Merida (dove sono morte le tre persone di cui sopra) sia stata la polizia politica – il cosiddetto Sebin – a sparare sui manifestanti…
L’arresto del ‘fascista’ Leopoldo López non è, insomma che l’inizio della favola. E questa volta, proprio in virtù di questo arresto, difficilmente il mondo s’addormenterà prima della fine. Tempi duri si profilano, temo, per il molto secolare ‘figlio’ del ‘comandante eterno’…