La frase più amata da noi italiani, per difenderci da ogni legittima critica, da ogni tentativo di chi, sottolineando lo sfacelo della nostra situazione, cerchi di evidenziare le nostre (collettive) responsabilità, è “gli altri fanno peggio”. Come se il fatto che, cito l’America prima che lo facciate voi, lanci i droni, faccia apparire meno grave il fatto che da noi, per esempio, la mafia controlli buona parte del paese, contribuendo a rendere quasi impossibile la nostra ripresa.

“Gli altri fanno peggio”. Non c’è critica che venga mossa all’Italia, seppur fondata e palese, che riesca a innestare una riflessione. Un’autocritica. E soprattutto che ci “illumini d’immenso” facendoci capire che nessun cambiamento, nessuna trasformazione, nessun miglioramento è possibile senza che noi, singolarmente, ci rimbocchiamo le maniche e ne diventiamo parte. Giorno per giorno. Noi, quelli che è sempre “colpa degli altri”. 

Così assistiamo (io personalmente inorridita) alle volgari querelles tra Diego Della Valle e John Elkann, due signori che dovrebbero occuparsi e preoccuparsi solo ed esclusivamente del disastro in cui ci muoviamo, mantenendo – almeno loro – decoro e dignità. Assistiamo anche alle ingenue esternazioni dell’amministratore delegato della Fiat che dice cose che – ahimè – in un altro paese nessuno avrebbe nemmeno ascoltato, ma che in Italia suonano come un offesa dal momento che non esiste un sistema di merito che permetta – nonostante la violenza della crisi – a chi ha le qualità, di avere ambizione. Il signor Elkann sa bene, e lo sa, che altrove le ambizioni sono pane quotidiano e spinta propulsiva dell’economia; da noi, sono guardate come la patetica follia di giovani irresponsabili. Lo so, perché io sono stata e sono persona di grandi ambizioni. Infatti, sono andata via.

Assistiamo, limitandoci a “rivoluzioni da social”, a tutto ciò inerti e indifferenti, credendo, peraltro, che il tutto non abbia a che fare con la nostra condizione avvilente e preoccupante. E se arriva una critica si dice “gli altri fanno peggio” o “tutto il mondo e’ paese”. Ripeto come se, laddove fosse vero e non lo è, ciò bastasse a farci stare meglio. A cancellare la miseria in cui ci muoviamo: miseria economica e dunque morale.

Per questo, i sostenitori del M5S – quelli che tante legittime speranze avevano riposto in questo movimento – guardando il siparietto Renzi/Grillo, diranno, per forza di cose, “è colpa degli altri se Grillo è costretto a comportarsi così”. 

Ecco, è colpa degli altri se alla crisi della democrazia si risponde con la negazione della democrazia; se alla difficoltà delle istituzioni si risponde con il vilipendio delle istituzioni e se all’assenza di programmi forti e convincenti si risponde con l’esibizione del nulla vestito da slogan, che nemmeno nelle piazze negli anni 70.

E’ colpa degli altri. E quando ci ritroviamo tutti italiani, in qualche raro momento, tipo quando si gioca a calcio, allora è colpa degli americani, o colpa dei tedeschi e, ovviamente, colpa degli immigrati. E dei gay che vogliono sposarsi. E degli stipendi di Fazio e della Litizzetto. E di un inverno che non è mai apparentemente arrivato consentendoci di illuderci che sia già primavera.

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