Potrebbe esserci il pienone nelle aule del tribunale di Bologna a partire dal mese prossimo al processo Black Monkey. Ad assistere a uno dei non tantissimi e sicuramente dei più grossi processi per associazione mafiosa mai istruiti in Emilia Romagna, potrebbero infatti arrivare decine di studenti in solidarietà alle vittime. L’associazione Libera, assieme alla Scuola di giurisprudenza dell’università di Bologna, ha in programma per il 21 febbraio (ore 15.30 in via Zamboni 22) una lezione ad hoc per istruire i giovani sulle regole e sulle specificità dei procedimenti per mafia. Chi vorrà potrà acquisire un bagaglio di conoscenze utili per assistere di persona alle sedute, pubbliche, che vedranno alla sbarra Rocco Femìa, boss ritenuto dai magistrati antimafia vicino alle ‘ndrine calabresi e a capo di una banda che gestiva in Emilia Romagna il traffico di slot machine truccate e il gioco online illegale.

L’idea della lezione antimafia nasce dalla collaborazione tra una docente dell’Alma Mater e Libera, che a gennaio ha ottenuto la possibilità di costituirsi parte civile proprio nel processo Black monkey che si aprirà il prossimo 28 marzo: “Solitamente i nostri associati già vanno a seguire le udienze nelle quali siamo riusciti a costituirci parte civile: da quello di Palermo per la trattativa Stato-Mafia a quello per la morte di Lea Garofalo. Ora a Bologna, grazie alla disponibilità e all’idea della professoressa Stefania Pellegrini abbiamo pensato, ed è la prima volta che succede, di preparare i giovani in un’aula universitaria perché possano seguire con più consapevolezza le udienze”, spiega a ilfattoquotidiano.it Enza Rando, avvocato che rappresenta nei tribunali italiani l’associazione fondata da don Luigi Ciotti. “Vogliamo raccontare la motivazione per cui ci siamo costituiti parte civile, lo vogliamo fare sia a livello tecnico-giuridico sia dal punto di vista sociale. Poi vorremmo spiegare a chi assisterà alla lezione, che sarà pubblica, le difficoltà che ancora si trovano nel nord-Italia per vedere contestata la associazione mafiosa”.

Uno degli obiettivi delle partecipazioni in massa ai processi è anche stare vicini alle vittime: “In questo caso cercheremo di stare vicini a Giovanni Tizian, il giornalista di Modena che durante questa indagine è finito sotto scorta. Ma oltre alla vicinanza alle vittime c’è anche la nostra volontà di presidiare i processi, che si svolgono, ricordiamolo sempre, nel nome del popolo italiano”. La storia dell’indagine Black Monkey inizia l’11 gennaio 2011, quando un immigrato denuncia di essere stato rapito vicino a Imola da tre persone che, puntandogli contro una pistola, lo avevano minacciato di fare intervenire “mafiosi calabresi, per metterlo apposto”. Da qui la scoperta da parte delle fiamme gialle di un sistema che arrivava fino in Gran Bretagna e in Romania, dove erano state aperte delle società che gestivano il gioco online secondo il diritto di quel Paese. Femìa e la sua organizzazione, secondo il pm della Direzione distrettuale antimafia di Bologna, Francesco Caleca, commercializzava inoltre nei locali dell’Emilia Romagna e di altre parti d’Italia macchinette con schede truccate così da potere celare al Fisco l’ammontare reale delle giocate.

Un sistema che secondo la Dda e anche secondo Libera, è “mafioso”: cioè, codice penale alla mano, “si avvale dell’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti”. “Che l’associazione sia mafiosa andrà provato a processo, ma dalle carte dell’indagine direi che gli elementi ci sono tutti”, spiega Enza Rando. “E poi l’assoggettamento da parte degli imprenditori c’è anche qui al nord. Anzi, spesso qui hanno più paura di quelli meridionali”. Oltre a Libera e a Giovanni Tizian saranno parti civili anche l’Ordine dei giornalisti nazionale, il Comune di Modena, la Regione Emilia Romagna e Sistema gioco Italia. Insieme a Femia, su richiesta del pubblico ministero Francesco Caleca, nel maxi processo 13 persone, tra cui i figli e il genero di Rocco Femia, dovranno rispondere dell’accusa di associazione di stampo mafioso. Altri 12 imputati invece saranno giudicati per altri reati.

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