Non è citato, ma Foucaultrespira in ogni singola pagina del libro (“La collina” di Andrea Delogu e Andrea Cedrola, ed. Fandango ), bello e franco, che Andrea Delogu ha scritto intorno alla sua permanenza di bimbetta solare a San Patrignano negli anni 80’. Un libro coraggioso che, penso, sia valso alla scrittrice uno sforzo emotivo enorme e forse liberatorio. E’ la sua storia, di figlia di tossicodipendenti , che cresce libera e vivace nella comunità riminese all’ombra di un padre-padrone che interpreta, alla perfezione, la figura di carnefice liberatore. Lei, bambina, non ha strumenti per rendersi conto che dietro ad una pedagogia autoritaria si cela l’ansia e il desiderio di potere assoluto sulla vita altrui. Sulle ragioni di questo desiderio mai troppe saranno le pagine che si potranno scrivere. Esiste, in molti di noi, un desiderio del genere. Talvolta lo dominiamo e talvolta, come nella storia grande e drammatica di San Patrignano si mischia, in maniera patologica, all’empatia e al dichiarato amore per l’altro.
La bimba vive spensierata la sua vita e il suo cuore gode del la bellezza dei luoghi e dell’attenzione di suo padre e di sua madre. Attorno a lei, innocente e candida, l’orrore e l’amore. Violenza sistematica e pugni si confondono in una ritualità familiare le cui liturgie comprendono anche l’amicizia, la relazione, la solidarietà e il legame. La grandezza e la miseria di una organizzazione educativa come San Patrignano si traducono nell’esperienza del singolo. Tragica per Roberto Maranzano, massacrato bestialmente di botte per, dio mio, salvarlo dalla morte. E salvifica per colui che in quel luogo ha riconosciuto e apprezzato un percorso di concreto ed effettivo aiuto.
Distinguere l’aiuto dall’orrore credo sia stata la sfida maggiore per l’autrice nel raccontare e nel raccontarsi. Nel raccontare i suoi genitori e nel mettere a nudo fragilità, furbizie e generosità che governano la vita di una comunità terapeutica. Di certo viene sfatato il mito che il terzo settore ha abbracciato in questi anni e cioè, che sia sufficiente fondare una opera meritoria per essere al di sopra di ogni sospetto. Un mito, per altro, stupidamente alimentato da quel conformismo politico e civile che ha voluto leggere la storia di San Patrignano solo e sempre in chiave positiva quando sarebbe stato più utile darne una interpretazione più prudente e capace di interrogarsi sui rischi di leadership carismatiche fuori dal controllo di terzi.
Sono posti strani le comunità e tutte le organizzazioni chiuse: la relazione non è mai pari e spesso, chi entra, tende a idealizzare la figura di chi lo accoglie. I codici relazionali da cui si fugge, quelli della strada, del carcere e della violenza di una vita ai margini, dell’abbandono dovrebbero essere sostituiti da altri. Accade in molte strutture ma non in tutte come insegnano anche le recenti esperienze di case per anziani o istituti psichiatrici in cui la sopraffazione pare preminente sulla carezza. Nel primo caso sono luoghi magici e nel secondo luoghi tragici.