L'evasione da 10 milioni, contestata a conclusione di indagini della Guardia di Finanza, dalla Procura di Milano si riferisce agli anni dal 2005 al 2010, sarebbe stata realizzata con fatture false per 30 milioni di euro. Il sondaggista, dopo essere stato interrogato due mesi fa dagli inquirenti, aveva detto di voler restituire al fisco tutto il dovuto
Renato Mannheimer, presidente dell’istituto di sondaggi Ispo, “ideatore e beneficiario dell’attività fraudolenta, nonché gestore di fatto” assieme al consulente Francesco Mario Merlo “delle società filtro e cartiere”. Lo scrive il pm di Milano Adriano Scudieri nell’avviso di conclusione delle indagini a carico di Mannheimer e altre 9 persone in relazione ad una presunta frode fiscale da circa 10 milioni di euro. L’evasione, contestata a conclusione di indagini della Guardia di Finanza, si riferisce agli anni dal 2005 al 2010, e sarebbe stata realizzata con fatture false per 30 milioni di euro. Mannheimer, dopo essere stato interrogato due mesi fa dal pm, aveva detto di voler restituire al fisco tutto il dovuto.
Agli indagati la Procura, con l’atto di chiusura delle indagini (che di solito prelude alla richiesta di rinvio a giudizio), contesta i reati di associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale e utilizzo di fatture per operazione inesistenti.
Le indagini svolte dal Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di Milano della Guardia di Finanza, in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate, erano scattate dopo un’ispezione amministrativa antiriciclaggio che aveva riguardato il consulente Francesco Merlo. Dall’attività investigativa era emerso che Merlo, il quale operava quale fiduciario di Mannehimer, aveva ideato un giro di false fatturazioni, alcune che chiamavano in causa anche società estere inesistenti, con movimenti su conti correnti in banche di Lussemburgo, Svizzera e Antigua.Scopo delle false operazione e dei movimenti bancari all’estero – sempre secondo l’accusa – era quello di frodare il fisco, consentendo a Mannheimer di evadere le imposte dovute (Ires ed Iva) e di far rientrare i soldi dall’estero in Italia.
Il tunisino Hedi Kamoun, “referente per la Tunisia” del presidente dell’ Ispo avrebbe ricevuto “sui conti correnti tunisini il provento dell’attività illecita per poi veicolarlo, trattenuta la percentuale del 5%, su conti correnti radicati in Svizzera e in Antigua, riconducibili al medesimo Mannheimer”. Merlo, invece, si sarebbe mosso “come fiduciario” del sondaggista, “incaricato della movimentazione del denaro frutto dell’attività illecita verso l’estero, realizzata attraverso il pagamento delle fatture per le operazioni inesistenti dalle società operative alle società filtro e da queste alle società ‘cartiere’ tunisine per poi far confluire il denaro su conti correnti radicati in Svizzera, in Antigua e Lussemburgo, riconducibili al medesimo Mannheimer”.
Interrogato dal pm nello scorso mese di dicembre, Mannheimer aveva poi fatto sapere di aver risposto “con franchezza a tutte le domande” e di aver compreso “appieno la natura delle contestazioni che gli sono rivolte”. Davanti al pm, inoltre, il sondaggista, difeso dall’avvocato Mario Zanchetti, aveva manifestato “vivo dispiacere e sincero pentimento per essersi lasciato coinvolgere in atti di particolare gravità”. E si era detto “intenzionato a fare in modo che sia restituito al fisco tutto quanto dovuto”. Mannheimer aveva sottolineato anche “come, già da alcuni anni”, sia lui personalmente che le sue società “siano totalmente rispettose della normativa fiscale”.
Nell’ambito del sistema di frode contestato sarebbero state emesse, scrive il pm, “fatture per operazioni inesistenti in relazione ad attività di ricerca sondaggistica in favore delle società realmente operative riconducibili a Mannheimer”.