Come un missile, il primo stadio del Movimento 5 Stelle di Grillo si avvicina ad esaurire la sua funzione. E’ stata la più dura e difficile: far partire il razzo, lanciarlo oltre l’atmosfera, fargli prendere la folle velocità di crociera che lo condurrà nello spazio, a segno, là dove è scritto che arriverà.
Come per il Movimento 5 Stelle, lo stadio iniziale del missile era il più importante, il più voluminoso e pesante, capace di contenere la maggior parte del carburante, esplosivo incontenibile e pericoloso, mostruoso nella sua clamorosa strapotenza, l’unico in grado di far saltare in aria tutto, ma che quando si svuota diventa un peso, un limite al volo, e va impietosamente abbandonato.
Come per il missile, una volta esaurito il suo ruolo dirompente, in cui chiunque tranne lui sarebbe fallito, Grillo deve essere sganciato, anzi, meglio, come un vecchio leone della ribalta sganciarsi, restando padre nobile, sullo sfondo, uscendo tuttavia di scena perché il razzo del progresso del Movimento voli per tutta la sua traiettoria, non manchi il bersaglio dopo tanta spesa.
Il razzo non deve temere questo momento. Non deve sentirsi senza propulsione, sganciando un serbatoio vuoto. Non deve farsi prendere da nostalgie, da com’era bello quel razzo quando era tutto intero, alto, invincibile, sulla rampa di lancio. Ormai è in volo, ha altri stadi da accendere, altri stadi apparentemente più piccoli, ma potenti ormai, anche perché l’attrito da primo distacco, lo sforzo massimo, è compiuto, e ora si naviga nell’orbita, dove serve meno carburante, dove serve una gestione millimetrica del propellente, dove occorre navigare per l’obiettivo, non dovunque-ma-lontano-dalla-rampa, com’era in principio.
Grillo si avvicina velocemente al momento del distacco. La sua potenza rischia troppo spesso di mandare in testacoda il Movimento, che invece ormai ha programma, metodologie, linee di comunicazione orizzontali, idee, leader, buoni o cattivi, questo si può discutere, ma capaci di gestire la metamorfosi da movimento di rottura a forza di cambiamento, da fenomeno di protesta a forza politica e domani, chissà, di governo. E neppure Grillo dovrà farsi prendere dalla malinconia: non era per questo che ha bruciato milioni di metri cubi di calorie, di sudore, di decibel? Non è per arrivare a poter dire “andate, non voltatevi, cambiate il Paese come vi ho indicato…” che ha profuso ogni sua intelligenza politica, ogni sua passione rivoltosa? Anche lui sa che gli indecisi di Renzi non sono alla sua portata, ma alla portata del suo Movimento.
Oggi occorre mantenere la rotta che Grillo ha indicato e consentito e iniziato, ma il Movimento deve crescere, sta già crescendo, ha bisogno del 30% dell’elettorato, che ancora gli manca per raggiungere la maggioranza, la quale è quasi già convinta, e si farà convincere, ma che resta ai margini perché c’è lui, perché il suo urlo, che pure condivide, la terrorizza, perché il suo ghigno, che pure in fondo ama, la impietrisce, che la sua mole, da cui pure non sa distogliere lo sguardo, fa ombra al suo poco coraggio. Il 20% dell’elettorato ha subito capito e seguito Grillo dalla prima ora. Il 30% dell’elettorato può seguire il Movimento, ma non lo seguirà mai con Grillo alla sua testa.
I maestri, quando sono stati buoni maestri per i loro allievi, diventano un giorno ingombranti, imbarazzanti, da tenere nascosti. Nessuno lo confesserebbe mai, ma è così. Quel giorno vanno abbandonati, superati, salutati con riconoscenza, ma senza nostalgie. Se il maestro ha fatto un buon lavoro, continueranno la loro marcia verso orizzonti un tempo neppure sperati, e rimarranno grati per sempre.