L'organizzazione parigina chiede una radicale revisione della politica dell'occupazione, anche se riconosce alcune riforme. E segnala che non ci sono segnali di inversione di tendenza sul fronte della disoccupazione
“L’Italia deve tutelare maggiormente il reddito dei lavoratori e migliorare la sua rete di supporto sociale“. E’ quanto sostiene l’Ocse nel rapporto “Going for growth”, in cui chiede anche di “abbassare il cuneo fiscale” e di riformare la contrattazione collettiva affinché la negoziazione salariale sia più “reattiva” rispetto alle condizioni del mercato del lavoro.
L’organizzazione parigina riconosce all’Italia alcune riforme dell’occupazione, ma sottolinea che “una parte difficile della riforma sarà combinare con efficienza tutti gli elementi di supporto e attivazione”: in particolare il training e le agenzie di collocamento, previste a livello regionale, con la fornitura dei sussidi che avvengono invece a livello nazionale. Per ridurre i loro ritardi nella formazione, inoltre, Italia e Portogallo dovrebbero secondo l’Ocse riformare l’educazione professionale.
“La diffusa decelerazione nella produttività dall’inizio della crisi potrebbe presagire l’inizio di una nuova era di bassa crescita”, avverte il capo economista dell’Ocse, Pier Carlo Padoan, nell’introduzione al rapporto, sottolineando che il calo dei tassi di crescita globale potrebbe essere diventato strutturale. Secondo Padoan, infatti, “è improbabile che la creazione più rapida di posti di lavoro sia sufficiente per riportare i tassi di occupazione ai livelli pre-crisi, men che meno a livelli capaci di compensare l’impatto dell’invecchiamento della popolazione nei Paesi avanzati”.
Il tasso di disoccupazione in Italia è ormai “a doppia cifra”, ha aggiunto Padoan. E per ora non ci sono segni di “inversione” imminente della tendenza all’aumento. A preoccupare l’Ocse è in particolare la disoccupazione di lunga durata (un anno o più), che con la crisi è inesorabilmente aumentata: nel 2011 riguardava già oltre la metà dei senza lavoro italiani, il 51,9%, e nel 2012 ha toccato quota 53 per cento.