L’ex Governatore della Sicilia Raffaele Lombardo è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Ha avuto sei anni e otto mesi e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Non sono tra quelli che gioiscono per una condanna. La giustizia fa il suo corso e amen. Molti invece, in varie categorie sociali, in questi giorni si stanno spellando le mani in applausi e in urla di dileggio al condannato rivendicando la loro fiera opposizione al lombardismo.
Vi sono poi i personaggi che dal 2009 al 2012 hanno sostenuto con una strepitosa facci di bronzo il Governo Lombardo e hanno continuato a farlo anche quando sono state rese note le accuse di mafia. Personaggi che ancora oggi difendono una scelta devastante per quel partito e soprattutto per la Sicilia. Il Pd siciliano – segnatamente l’ex presidente della commissione Antimafia Giuseppe Lumia e il capogruppo Antonello Cracolici – hanno imposto al loro partito il sostegno al Governo Lombardo, dopo la rottura tra quest’ultimo e il Pdl. Per loro era un’azione di raffinatissima politica. La realtà ha mostrato un disastro assoluto. Il Pd si spaccò, i circoli e alcuni esponenti di rilievo con Enzo Bianco, organizzarono un referendum per chiedere – con lo stesso metodo usato per le primarie – ai militanti e agli elettori di esprimersi su quella scelta sciagurata. Il risultato fu un plebiscito a favore dell’uscita dal Governo regionale.
La risposta del vertice fu il commissariamento del Circolo Pd di Caltagirone. Un esempio, in pieno stile stalinista, per punire i dissidenti e far capire chi comanda. Il Pd siciliano rimase al capezzale di Lombardo fino alla fine, ritirando l’appoggio politico al suo Governo solo dopo che Raffaele Lombardo – poco prima di essere rinviato a giudizio – si era dimesso. Un po’ come fanno certi cani fedeli che restano a vegliare la salma del padrone defunto. Ma non fu solo il Pd ad allinearsi in questo sostegno. Gli ambianti confindustriali siciliani, sì quelli del “codice etico”, si mostrarono assai vicini al Governatore e un loro esponente di punta finirà anche a fare l’assessore. Scelte politiche e decisioni personali, ovviamente non contestabili, ma che è bene rammentare. La memoria è un esercizio utile, ma pericoloso, in una terra dove si preferisce far dimenticare tutto per indossare una camicia nuova ed immacolata.
Di gente che ha sostenuto Lombardo in questi giorni in Sicilia non se ne trovano più. Tutti spariti. Tutti squagliati come neve al sole. Dopo la sentenza, come dopo il 25 luglio del ’43, tutti si sono risvegliati fieri oppositori dell’ex Governatore condannato.
Una parola infine per la Procura di Catania che, dopo la sentenza, si è mostrata fiera del risultato. Va ricordato che quell’Ufficio, dopo una feroce spaccatura, decise di chiedere l’archiviazione del procedimento che due giorni fa ha portato alla condanna. Gli aggiunti avocarono l’indagine scippandola ai titolari che erano per la richiesta di rinvio a giudizio e reiterarono la richiesta di archiviazione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, derubricando tutto al voto di scambio, anche dopo l’insediamento del nuovo procuratore Giovanni Salvi. Una richiesta respinta dal Gip Luigi Barone che ordinò alla Procura di formulare l’imputazione coatta. Anche qualcuno al vertice della Procura farebbe dunque bene ad evitare dichiarazioni trionfalistiche. Oggi si dovrebbe doverosamente chiedere scusa a quei magistrati, come Giuseppe Gennaro, Agata Santonocito, Iole Boscarino e Antonino Fanara, che il processo lo hanno istruito e oggi hanno ottenuto una sentenza di condanna. Avevano ragione loro.