Sarà Giorgio Gori il candidato sindaco per il centrosinistra di Bergamo alle elezioni amministrative di maggio. Lo hanno stabilito le primarie celebrate domenica 23 febbraio nei nove seggi allestiti in città. L’ex direttore di Canale 5 e fondatore della casa di produzione Magnolia si è portato a casa il 58,5% dei voti, sbaragliando la concorrenza degli altri due candidati, Nadia Ghisalberti (Patto Civico, 27,7%) e Luciano Ongaro (Sel, 13,7%), rifacendosi – almeno in parte – della sonora bocciatura rimediata alle primarie celebrate sul finire del 2012 per scegliere i candidati da mandare il Parlamento. Allora, da spin doctor di Renzi arrivò appena quarto, fermandosi al 12%.
La giornata delle primarie del centrosinistra è stata caratterizzata dalla scarsa affluenza alle urne. A Bergamo hanno votato appena 2765 persone, molto meno dei 6271 che lo avevano fatto due mesi fa per incoronare Matteo Renzi. Le aspettative nel partito erano decisamente più alte (5 mila i voti previsti alla vigilia), ma le manovre romane e i mal di pancia nella base democratica hanno tenuto lontani parecchi elettori, determinando il crollo verticale dell’affluenza. Gori tira acqua al proprio mulino e spiega: “Quando facemmo le Parlamentarie nel 2012 i votanti in città furono 1800, oggi siamo sopra a quel numero e a Pavia in proporzione il dato è ancora più basso”. Beh, ma nel 2012 si votò tra Natale e Capodanno, forse hanno pesato di più i malumori della base: “E’ vero, c’è un certo scontento anche tra i renziani, ma secondo me non c’era alternativa, la strada scelta da Renzi era l’unica per cercare di uscire dal pantano”.
A prescindere dai numeri, quella di Gori era comunque una vittoria annunciata. Lo è stata soprattutto dal momento del ritiro dalla competizione di Elena Carnevali, parlamentare del Partito Democratico che in un primo momento aveva annunciato l’intenzione di scendere in campo per le primarie. Gori ha così incassato l’esclusiva sul marchio Pd, dovendosela giocare solo con Luciano Ongaro e Nadia Ghisalberti.
Nei giorni scorsi il candidato del centrosinistra aveva ricevuto il sostegno pubblico di 16 sindaci democratici del territorio bergamasco, consapevoli che chi amministrerà la città capoluogo avrà un ruolo fondamentale nella governance dei nuovi enti di area vasta che andranno a sostituire le province. Sarà quindi lui a doversela vedere con Franco Tentorio, il sindaco uscente che cinque anni fa vinse le elezioni con il 51,4% dei consensi, sostenuto allora da Pdl, Lega Nord, Pensionati e dalla civica Tentorio sindaco. Oggi Tentorio sembra più convinto che mai ed è già sostenuto da tutto il centrodestra (compreso quello nuovo), proprio sabato ha aperto la campagna elettorale davanti a 500 fedelissimi, incassando la benedizione telefonica di Silvio Berlusconi.
“Si – racconta Gori -, il mio rivale è il sindaco uscente che ieri ha fatto una convention che sembrava un film d’epoca, pareva di essere nel ’94, stesse facce, stesse bandiere. Non è cambiato nulla. Lui sicuramente non può dire di essere una novità. Tentorio è in consiglio comunale da 44 anni e negli ultimi anni la città è stata gestita in modo rinunciatario, occorre recuperare prospettiva e uscire dal provincialismo in cui siamo stati costretti”.
I timori della vigilia, tra i detrattori di Gori, sono in gran parte rivolti alla mancanza di esperienza amministrativa: “Sono oggettivamente una novità nello scenario politico – ha detto -, mi occupo di politica da qualche anno e non ho mai amministrato, ma ho una certa esperienza di gestione aziendale e credo di poter portare questa esperienza anche nella macchina amministrativa”.
Insomma, Giorgio Gori gioca la carta della novità e della capacità come un Renzi locale non nasconde di “poter attrarre voti anche fuori dall’area ristretta del centrosinistra”. E spiega: “Per la mia storia personale il passaggio più complicato era proprio quello delle primarie, mi pare che il dato di oggi ci dica che così non è. Da qui possiamo partire per allargare e conquistare i moderati di centro che rappresentano una larga fetta dell’elettorato bergamasco”. Nei toni c’è molto Renzi. Ma Giorgio Gori dovrà affrontare anche la sfida delle urne, quelle vere e per vincere non gli basteranno i 1612 voti conquistati alle primarie.