Sul podio al secondo posto Raphael Gualazzi & The Bloody Beetroots, al terzo Renzo Rubino. A scaldare il pubblico ci pensano Ligabue e il talento belga Stromae. Monologo di Crozza sulla bellezza e il talento dell’Italia. I "voti" dell'inviata del Fatto Silvia Truzzi e dell'"osservatore speciale" Domenico Naso
Si chiude con la vittoria di Arisa e del suo brano Controvento il 64° Festival di Sanremo. L’ex ragazza timida e goffa di Sincerità (con la quale aveva vinto la sezione giovani nel 2009) chiude così un percorso musicale e di identità artistica che era cominciato ad Area Sanremo nel 2008. Ora però è il momento di utilizzare una bellissima voce per cantare pezzi di ben altro livello. Secondi Raphael Gualazzi & The Bloody Beetroots, mentre al terzo si è classificato il sorprendente Renzo Rubino, rivelazione di quest’anno.
La serata finale è andata via liscia come l’olio, con i conduttori molto più rilassati rispetto alle serate precedenti. A scaldare il pubblico ci pensano Ligabue e il talento belga Stromae, mentre per la parte comica Luciana Littizzetto può rilassarsi e cedere l’arduo compito a Maurizio Crozza. Il comico genovese torna sul luogo del delitto dove lo scorso anno aveva subito la contestazione di parte del pubblico, infastidita dalle battute su Berlusconi in piena campagna elettorale. Lo fa, stavolta, con un monologo trasversale sulla bellezza e sul talento dell’Italia, evitando accuratamente di toccare argomenti troppo sensibili. Se la prende solo con i soliti noti, i bersagli condivisi quasi da tutti: Giovanardi, Santanchè e Razzi. Basta. Nemmeno una parola sul governo Renzi, insediatosi oggi. E per uno come Crozza che sta sempre sul pezzo, è un caso bizzarro. Solo alla fine della lunga esibizione, imita per meno di un minuto il nuovo presidente del Consiglio ma in maniera davvero troppo timida.
Non ha voluto rischiare di nuovo, il buon Crozza, riservando la battuta più cattiva a Beppe Grillo: “Per fortuna Genova ha venduto la Corsica alla Francia pochi mesi prima che nascesse Napoleone. Già abbiamo Grillo, a Genova, ci mancava giusto un altro pazzo mitomane che voleva combattere l’Europa. Ma immaginate Waterloo in streaming?”. Anche questo Sanremo va in archivio, e chissà se una volta tanto riuscirà a lasciare traccia di sé nella storia musicale italiana. Ora si pensa già al prossimo anno, con Giancarlo Leone che dovrà cercare una nuova strada per il Festival. Carlo Conti è in pole position, ma se chiamasse Fiorello…
Le pagelle di Silvia Truzzi
Arisa
Vince. n.c.
Raphael Gualazzi e The Bloody Beetrooth – 7 e mezzo
Liberi o no è un esperimento. Stranamente premiato dalla rassegna più conservatrice d’Italia: arrivano secondi.
Renzo Rubino – 7
Uno dei pochi potabili, non a caso arriva da Sanremo giovani 2013. Eccede nella vis interpretativa, ma può limare le sbavature. Però è terzo. Ed è un risultato.
Francesco Renga – 5
Primo della classifica provvisoria, lo sbattono fuori e non arriva in finale. Ci sarà rimasto male perché si aggirava spavaldo per Sanremo: la tracotanza è pericolosa.
Noemi – 5 e mezzo
Continua, pervicacemente, a essere molto convinta. Qualcuno le dica che ha sbagliato tutto (pezzi, mise, capigliatura). Se Londra le fa questo effetto, può provare con Parigi: almeno l’eleganza migliorerà.
Giusy Ferreri – 4
Non c’è testo, non c’è melodia. Canzone inutile, Sanremo sprecato.
Perturbazione – 5
La canzoncina dell’amore plurimo (Laura non c’è, ma tutte le altre sì) piace. La sala stampa radio-tv li premia, non stupisce è radiofonica.
Francesco Sarcina – 4
Si vedono solo gli orecchini, si sentono gli echi delle Vibrazioni. E poco altro.
Ron – 6
E’ stato uno dei migliori nella serata di venerdì, con Cara di Dalla. Sing in the rain non è certo memorabile.
Frankie Hi Nrg – 6
Finalmente ritmo. L’idea è divertente, l’esecuzione pure. Non si piazzerà. Ma non è un gregario.
Antonella Ruggiero – 6
Lei fa quello che vuole, con quella voce. I brani non sono meravigliosi, lei si.
Giuliano Palma – 5/6
Ha perso smalto, ma bisogna dire che è molto distante dal ciarpame contemporaneo.
Cristiano de Andrè – 7
L’unico testo intenso e vero della rassegna, Invisibili, viene premiato dalla sala stampa del Roof.
Riccardo Sinigallia – 5
Il Tiromancino è stato beccato a portare una canzone non inedita. Squalificato a metà, si esibisce lo stesso. Sostanzialmente non cambia molto.
Le pagelle di Domenico Naso
Fabio Fazio – 6
A parte lo sketch-marchetta dell’apertura con Don Matteo, sembra più rilassato del solito. Forse perché probabilmente non tornerà il prossimo anno, lasciandosi dietro un’edizione sottotono, un po’ troppo noiosa e dagli ascolti in netto calo.
Luciana Littizzetto – 7
L’unico tocco di brio in un panorama desolante. Nell’ultima serata non fa niente di sconvolgente, anche perché c’è Crozza che si sobbarca il compito di far ridere. Monologo banalissimo sulla vera bellezza a parte, però, la sua settimana sanremese è stata tutt’altro che negativa, anche se lo scorso anno aveva fatto meglio.
Giuliano Palma – 5
Fa il suo, riproponendo la canzone “zillesca” senza infamia e senza lode. Non lascia il segno.
Noemi – 5,5
Si veste leggermente meglio rispetto alle serate precedenti, ed è già un passo avanti. Canta anche un pelino meglio una canzone che, però, non scalda il cuore.
Ron – 4
Il pezzo folk in gara è un’offesa alla sua carriera. Non c’è altro da aggiungere.
Arisa – 7
Alla fine ce l’ha fatta, dopo la delusione di qualche anno fa con la splendida La Notte. La voce non tradisce mai, pulita e intonata com’è. La canzone non è la migliore della sua carriera, ma entra in testa in maniera devastante. E a Sanremo, in fondo, è quello che conta.
Francesco Sarcina – 3
Primo ascolto: noia. Secondo: fastidio. Terzo: institi suicidi. Pessimo.
Perturbazione – 7
Elegantissimi, vestiti da capo a piedi da Pignatelli, regalano un’ultima esibizione rilassata e divertita. Sono stati senza dubbio la rivelazione di questo Festival. Finalmente possono far conoscere la loro musica al grande pubblico.
Giusy Ferreri – 4,5
Fa leggermente meglio delle altre serate, anche sul fronte del look. Ma non basta. Le glorie degli esordi sono lontanissime.
Francesco Renga – 6
Resta fuori dal podio, nonostante i favori della vigilia. E sinceramente è giusto così, perché la canzone non era niente di che e il duetto di ieri con Kekko grida ancora vendetta.
Renzo Rubino – 7,5
Il primo anno può essere un caso, il secondo è una conferma. Rubino è originale, appassionato e forse fin troppo sopra le righe. Ma ci mette tutta l’energia possibile, è giovane e scrive le sue canzoni. Scusate se è poco.
Antonella Ruggiero – 6,5
Nell’ultima serata sfoggia la sua voce migliore, al servizio di una canzone che però non è il massimo per il Festival. La sua serenità sul palco è ipnotica, così come l’eleganza innata. Bentornata.
Raphael Gualazzi & The Bloody Beetroots – 7
La strana coppia sfonda e arriva alla finale a tre. Il pezzo non sarà eccelso, ma musicalmente è un bell’esperimento. Sir Bob dà la marcia in più.
Cristiano De Andrè – 6,5
Vince il premio della sala stampa per la canzone che però è stata eliminata la prima sera (Invisibili). Intenso.
Frankie Hi-Nrg – 6
Più che la gara, è da tenere d’occhio il nuovo progetto discografico di Frankie, per la prima volta prodotto da un’etichetta indipendente. Nel suo disco c’è tanto da scoprire.