Dottore non riesco più a vedere certe trasmissioni televisive serali. Se guardo Servizio pubblico, Ballarò, Report, la Gabbia, Quarto grado o Virus vado a letto con le “budella attorcigliate” e non riesco a dormire bene. Mi sveglio poi alla mattina già teso e arrabbiato. Queste trasmissioni suscitano in me sentimenti complessi con un misto di indignazione e rassegnazione, rabbia e sconforto, aggressività e senso di impotenza.
Riflettendo su questa frase, che alcuni giorni orsono mi ha detto un paziente, mi sono reso conto che anch’io, negli ultimi tempi, tendo ad evitare questi spettacoli. Mia moglie, forse per proteggermi, mi intima di cambiare canale. Le trasmissioni di approfondimento sono divenute un classico della televisione. Un tempo relegate a una sola serata hanno invaso i palinsesti e tutti i giorni possiamo sceglierle su uno o più canali.
Gli ingredienti sono:
Attualità politica con politicanti che urlano e sbraitano su ogni vicenda fornendo allo spettatore visioni estremistiche su ogni argomento.
Denuncia rispetto alle storture organizzative, amministrative e gestionali.
Individuazione degli sprechi e delle inefficienze più eclatanti.
Ricerca delle storie di maggior difficoltà con ostentazione delle sofferenze di vita dei nostri, più sfortunati, concittadini.
L’intento è quello di colpire lo spettatore con il classico”pugno nello stomaco” per stimolare la sua indignazione e il suo sconcerto rispetto alle brutture della realtà. In questa situazione emotiva di forte ansia e tensione il teleutente diviene più fragile, le sue difese emotive e razionali tendono a diminuire e il messaggio pubblicitario, che immancabilmente interrompe le trasmissioni, ha la capacità massima di penetrazione. La pubblicità si regge sull’insoddisfazione umana. Se una persona è felice o serena non ha una grande spinta per andare a comprare. Allo stesso modo difficilmente risulta grande compratore chi è veramente triste o depresso. L’insoddisfatto è il miglior acquirente in quanto ancora in lui c’è il desiderio del miglioramento frustrato dalle difficoltà dell’esistenza. I pubblicitari hanno capito che il loro messaggio è molto più efficace se inserito in trasmissioni cruente che stressano lo spettatore.
Faccio un esempio: sto guardando una trasmissione di approfondimento politico che mi mostra gli operai di una fabbrica che stanno per perdere il lavoro. Il mio stato d’animo è un misto di pena nei loro confronti e rabbia perché i politici litigano ma non fanno nulla. Sono, quindi, emotivamente teso e angosciato. Arriva la pubblicità di una bella automobile rombante in un magnifico paesaggio bucolico senza traffico e confusione. E’ chiaro che intimamente una parte di me si immedesima in questo messaggio pubblicitario per sfuggire alla sofferenza che la trasmissione mi stava propinando. La pubblicità tende a lenire la mia sofferenza per imporre il suo messaggio.
Così come attirano spettatori i film con decine o centinaia di morti allo stesso modo attirano trasmissioni che mettono in evidenza le miserie dell’umanità. La pubblicità utilizza questi veicoli per renderci dei “bravi consumatori”.
Ritengo che il successo di queste, oramai frequenti, trasmissioni derivi dal fatto che, indipendentemente dallo share, i compratori di spazi pubblicitari le hanno individuate come ideale veicolo per i loro messaggi.
Peccato che alla mattina successiva le nostre budella siano attorcigliate.