L'ex premier interviene a un convegno di Nomisma: "L'enorme handicap di questo Paese è l'instabilità politica". Al suo fianco il direttore dell'Economist Bill Emmott: "L'assassinio del vecchio leader rischia di essere il suicidio del nuovo premier"
Il mantra è il solito che ripete da quel maledetto 19 aprile 2013, quando 101 grandi elettori riuniti a Montecitorio gli sbarrarono la strada per il colle più alto. Sulla questione Quirinale “The game is over”. Peccato che in pochi ci credano e sia opinione comune che il primo presidente della Repubblica dell’era renziana potrebbe essere proprio lui. L’ex premier Romano Prodi torna sulla scena pubblica e lo fa giocando in casa: nella sua Bologna, ospite di un convegno organizzato dall’istituto economico Nomisma che lui stesso fondò prima di mettersi a fare politica. Al suo fianco c’è il giornalista Bill Emmot, ex direttore dell’Economist, lo stesso che con il suo film “Girfriend in a coma” ha raccontato il declino dell’Italia degli ultimi 20 anni. Durante l’incontro dell’attualità politica il professore bolognese cerca di parlare il meno possibile, vira sull’economia e sulle teorie generali. Per i più maliziosi questo è un sistema per risultare il più possibile super partes in vista di una futura candidatura, stavolta senza scherzi, alla successione di Giorgio Napolitano. “Che cosa pensa di un premier non eletto da popolo?”, chiedono dal pubblico della sala. “Penso che non vi risponderò”, dice lui.
In mattinata la trasmissione Agorà di Rai3 aveva mandato in onda due parole che era riuscita a strappargli domenica, più di circostanza che altro. “Io ce l’ho una parola di speranza e di augurio, per carità, ce l’ho senz’altro, ma non mi faccia prendere delle posizioni su problemi interni”. Poi Prodi aveva proseguito: “Se le cose vanno bene il governo Renzi durerà certamente fino al 2018, ma il problema è che le cose vadano bene perché non è che siamo messi bene, gli impegni sono tanti sia in Italia che in Europa”. E proprio sulla presidenza della Repubblica, il professore aveva spiegato: “La gara è finita: sono tutti giovani, tutti nuovi, quindi uno deve capire quando è il proprio tempo e quando il proprio tempo è passato”. Un ritornello già sentito negli ultimi mesi, esattamente come già sentito era quello secondo cui non avrebbe mai più votato alle primarie del Pd. Tutto per poi cambiare idea due giorni prima e presentarsi ai gazebo l’8 dicembre scorso, senza ovviamente prendere pubblicamente posizione tra cuperliani, renzani o civatiani.
Prodi non cade neppure nella implicita provocazione di Bill Emmott che, durante la conversazione bolognese, lancia un attacco contro il metodo di presa del potere da parte di Renzi: “Stia attento Matteo Renzi: l’omicidio politico di Letta rischia di diventare un suicidio per lui in futuro”, ha detto il giornalista. Prodi no, la butta sempre sull’economia, sulla geopolitica e parla in termini astratti, rendendo innocue le sue parole: “L’enorme handicap della rotazione continua”, dice nel suo intervento, “e dell’instabilità ha reso impossibile in Italia il normale svolgimento della vita politica”. Le uniche parole sul governo Renzi, il fondatore dell’Ulivo le spende per raccontare la sua solita lezione sulla riduzione del debito pubblico: “Se un governo dà continuità e fa la formica dando credibilità ai provvedimenti, i mercati internazionali lo apprezzano subito”. Il professore si accende solo quando un cronista gli chiede di questi continui cambi di governo che caratterizzano l’Italia. Memore della sfiducia ai suoi due governi da parte di Bertinotti nel 1998 e di Mastella nel 2008, l’ex presidente del consiglio si sente come punto nell’orgoglio: “Il paese è fatto così, lo viene a chiedere a me che un paese deve avere continuità politica, ma scherziamo?”.
Una battutina sull’età media molto bassa del nuovo esecutivo Renzi tuttavia Prodi non riesce a trattenerla: “Vista la giovane età dei ministri e visto che ormai l’aspettativa di vita è di quasi 100 anni, mi chiedo che cosa faranno dopo che non saranno più in carica”. Battute insomma: di entrare nel merito della politica non se ne parla. Del resto, Prodi, che qualche giorno fa è diventato presidente dell’International advisory board della banca Unicredit, ci tiene a precisarlo: “Ora che non sono più in politica, non posso che fare il predicatore”.