Non abolite il Senato, non è una scelta saggia; che la Camera Alta si intenda come ultimo appello per legislazioni complesse o come doppia lettura di garanzia per le minoranze, il Senato serve. Non serve, probabilmente, con il meccanismo bicamerale perfetto in vigore, non serve con parlamentari che di fatto svolgono gli stessi compiti dei colleghi di Montecitorio ma se visto in funzione complementare all’azione legislativa della Camera dei Deputati, allora il Senato può riequilibrare l’attività della Camera Bassa, offrendo sostanziali garanzie alle minoranze ma senza il rischio di “incartare” le discussioni o cedere ai “ricatti dei partiti da 0,..” (ricatti, a dire il vero, che non sono stati affatto annientati dalla soglia di sbarramento ma si sono semplicemente trasferiti “all’interno” dei partiti).
Un esempio eccellente viene offerto dal Senato olandese: non legifera, questo è il compito della Tweede Kamer –la Camera Bassa-, il lavoro dei Senatori è considerato “part-time” (nel senso che gran parte dei senatori olandesi, svolgono anche altre attività professionali, essendo la retribuzione limitata) si riunisce poche volte al mese e con il solo ed unico scopo di approvare o respingere i disegni di legge perfezionati alla Camera. Non può proporre emendamenti ma dice l’ultima e può ritardare l’approvazione di un provvedimento delicato o complesso, obbligando governo e maggioranza a riflettere di più. Inoltre, l’elezione dell’assemblea è programmata proprio a metà legislatura, un po’ come per le mid term elections negli Stati Uniti, assicurando cosi che le assemblee rispecchino costantemente i mutamenti che avvengono nella società, offrendo allo stesso tempo alla cittadinanza, una sorta di verifica dell’operato del governo in carica.
Questo meccanismo, soprattutto in un paese come l’Italia che nel sistema elettorale utilizza meccanismi distorsivi come il premio di maggioranza – che a quanto pare rimarrà anche nella legge elettorale che prenderà il posto del Porcellum-, assegnerebbe il potere di veto Potere di veto’ (il rinvio alle camere del Presidente della Repubblica) ad un’assemblea e consentirebbe un riequilibrio fondamentale del sistema. D’altronde se la maggioranza che esce dal Senato non rispecchia quella eletta alla Camera due anni prima, il dato politico è chiaro: il governo non ha più la fiducia degli elettori e deve quindi decidere se continuare, tenendo conto delle mutate condizioni oppure rimettere il mandato. La coalizione “violetta” del premier olandese Rutte, attualmente al governo, non ha maggioranza al Senato, ed è costretta – di volta in volta- a legiferare tenendo presente la composizione della Camera Alta. Sicuramente, una sola Camera, eletta magari con un sistema elettorale che crea un’alta distorsione nella ripartizione dei seggi (un sistema, per capirci, che può tradurre il 25% di consensi nel 55% dei seggi) è più efficiente ma governare un paese è altra cosa rispetto ad amministrare un’azienda e a volte, la riflessione deve prevalere sull’efficienza.