Sono giorni di svolta per gli Internet Service Provider italiani (Isp).

L’approvazione dell’articolo 6, comma 4, del Destinazione Italia, ha segnato una vera e propria rivoluzione per gli operatori Tlc di medio piccole dimensioni.

Un articolo e un comma che hanno fatto crollare uno dei più custoditi walled garden che da anni tenevano fuori dal mercato i player capaci di realizzare infrastrutture di nuova generazione.

A causa di una previsione contenuta nell’Allegato 10 del Codice delle comunicazioni elettroniche (D.lgs. 259/03), le piccole società Tlc sono state, fino ad oggi, obbligate a pagare abnormi contributi amministrativi per l’attività di Isp (o di fornitore di accesso a reti dati o di rete telefonica) “determinati sulla base della popolazione potenzialmente destinataria dell’offerta”.

Contributi suddivisi in tre fasce, senza alcuna logica di progressività.

In base al Codice delle Comunicazioni (la legge Gasparri, cioè), l’operatore dati in grado di stendere e accendere fibra ottica era tenuto al versamento di 27.500 euro l’anno in un centro con meno di 200mila abitanti, di 55.000 euro in un centro con più di 200mila abitanti e, infine, di 110.000 euro se attivo sull’intero territorio nazionale.

Solo per acquisire il primo – fosse anche unico – cliente, una neonata azienda Tlc, spesso giovane e senza investitori alle spalle, doveva staccare un assegno di 55mila euro. Basti pensare che per un gigante come Telecom, con i suoi 24 milioni di utenti, il versamento previsto è di soli 110mila euro l’anno.

Un’invalicabile barriera d’ingresso, dunque, a carico dei player Tlc alternativi che ha rappresentato un ostacolo allo sviluppo e all’innovazione del Paese, marcando discriminazioni tra territori “dotati” di mercati forti e quelli a rischio “fallimento di mercato”.

Con la modifica al Codice delle Comunicazioni introdotta dall’articolo 6 comma 4 del “Destinazione Italia”, l’iniquo parametro territoriale è stato sostituito con una “contribuzione amministrativa” legata al numero di clienti serviti: “Ogni mille clienti, il costo del contributo è diventato di 300 euro, con un nuovo criterio lineare e progressivo, indipendente dal luogo in cui l’operatore intraprende”, afferma Dino Bortolotto, presidente di Assoprovider, maggiore associazione di categoria che rappresenta le piccole medie imprese Tlc, che da diversi anni si batte per la rimodulazione dei contributi statali a carico degli operatori.

“Fortemente voluta da Assoprovider, la modifica all’Allegato 10 del Codice è di enorme importanza ed equivale – sottolinea Bortolotto – all’impatto che si è avuto in Italia con la liberalizzazione delle frequenze, un’altra battaglia condotta dalla nostra associazione. La nuova fascia permette la nascita di Internet Service Provider che infrastrutturano in fibra e che, pagando 300 euro, avranno gli stessi diritti di Telecom quanto ai passaggi nei cavidotti, riguardo all’interfaccia con la Pubblica amministrazione locale ed alla possibilità di posare e accendere fibra. Tutte chanche fino ad oggi precluse alle Pmi, se non per il tramite di un soggetto terzo che non forniva tali servizi a prezzi di costo, lasciandosi ampi margini di guadagno. Ora – conclude – anche i piccoli provider potranno fare da sé, realizzando la rete in fibra sul territorio”.

Una rivoluzione passata un po’ in sordina, ma che, per la prima volta, rompe la logica oligopolistica seguita fino ad oggi in Italia, restituendo dignità alle Internet startup e alla possibilità di fare concretamente innovazione in Italia.

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