Mille persone. E’ questo il margine di errore nella macabra conta dei morti di “El Chapo“, al secolo Joaquin Guzman, re dei narcos messicani arrestato sabato 22 febbraio dopo tredici anni di latitanza. Il capo del Cartello Sinaloa ammette di avere sulla coscienza 2 o 3 mila persone.
Sono i primi dettagli, riportati da alcuni media messicani, che emergono dopo la cattura da parte della Marina messicana di “El Chapo” (il Tarchiato), preso all’hotel Miramar di Mazaplan, località di mare nello stato di Sinaloa. Alcune fonti raccontano che al momento dell’arresto il boss si trovava con la moglie, l’ex miss Emma Coronel e le figlie gemelle. Gli agenti hanno raccontato che il l’uomo, come un perfetto padrino siciliano, ha avuto un comportamento “tranquillo e rispettoso”. Secondo alcuni media la moglie Emma Coronel, 24 anni, non è stata arrestata per mancanza di prove. Il capo del cartello di Sinoloa e la Coronel si sono conosciuti otto anni fa, precisano i media locali, ricordando che la donna proviene da una famiglia di trafficanti.
Il Cartello di Sinaloa è tra i più coinvolti nella guerra della droga che ha insanguinato il Messico negli ultimi anni. Il regno di Guzman era esteso negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e in Europa. L’organizzazione creata da “El Chapo” è stata la prima con una struttura criminale-imprenditoriale e la prima a gestire direttamente la raccolta, il traffico e la distribuzione della cocaina, della metanfetamina e della marijuana che dal Sud e dal Centro America sbarca nei mercati del Nord America. “El Chapo” è stato il primo a scardinare il monopolio dei narcos colombiani, accumulando, in dieci anni, un patrimonio che si aggira intorno al miliardo di dollari. Anche per questo era considerato la primula rossa che si è aggiudicato la vetta della lista dei criminali più ricercati dalla Dea americana. Tredici anni di latitanza: da quando nel 2001 riuscì a evadere dal carcere di massima sicurezza di Puente Grande – dove viveva come un nababbo – nascosto in un furgone della biancheria sporca, e a evitare così la condanna a 20 anni; fino allo scorso sabato, quando la sua carriera è finita, ammanettato tra due agenti della Marina. Uno squarcio di tempo che ha fatto lievitare sulla sua testa una taglia di cinque milioni di dollari. Cifra che potrebbe aver fatto gola a qualcuno.
Intanto i suoi legali hanno chiesto a un tribunale un’ingiunzione contro un’eventuale richiesta di estradizione negli Stati Uniti. Lunedì 24 febbraio Guzman è stato accusato formalmente di violazione delle leggi sul traffico di droga in Messico e prima di valutare eventuali richieste di estradizione le autorità messicane dovranno decidere se rinnovare altre accuse contro di lui. Il portavoce del dipartimento della Giustizia Usa, Peter Carr, ha detto che l’eventuale estradizione di El Chapo “sarà l’oggetto di ulteriori discussioni tra gli Stati Uniti e il Messico”.