Presentazioni di libri, documentari e dibattiti dedicati a mafia, ‘ndrangheta e camorra. Anche la Commissione antimafia apre le porte a iniziative “per promuovere la cultura della legalità” e “per riflettere su nodi problematici della nostra storia recente”. Ci sarà il regista Pif, i giornalisti Lirio Abbate e Arcangelo Badolato. Chiude il giurista Giovanni Fiandaca che presenterà il contestato saggio che definisce “legittima la trattativa Stato-mafia”. Fanno sapere dall’Ufficio di Presidenza che “quasi sicuramente ci sarà il contraddittorio”, anche se il Movimento 5 stelle ha già annunciato che si opporrà in tutti i modi all’invito. “Non abbiamo il tempo per occuparci di tutti i problemi”, attacca il senatore M5s Mario Giarrusso, “e poi diamo spazio a queste iniziative? Noi rilanciamo e chiediamo l’istituzione di una sottocommissione dedicata alla trattativa, così da poter lavorare meglio e più velocemente”. Polemiche a margine, ma ormai è tutto pronto per il lancio ufficiale degli eventi. L’organo parlamentare nato per indagare le relazioni tra mafia e politica, e accusata negli ultimi anni di immobilismo, per il mese di marzo organizzerà una rassegna di incontri e iniziative di natura politica e culturale aperte a tutti. L’idea è della presidente Rosy Bindi: per la prima volta, in occasione del 22 marzo, la Giornata della memoria e dell’impegno dedicata da Libera alle vittime della mafia, la Commissione troverà spazio e tempo (oltre alle sedute ufficiali) per approfondimenti extra.
La decima Commissione antimafia si è insediata il 22 ottobre scorso. Per sette mesi il governo delle larghe intese si era dimenticato di istituirla, nonostante le richiesti insistenti di molte delle parti. Tanto che era dovuta partire una petizione di cittadini e associazioni, poi firmata anche da personaggi politici. Non c’era l’accordo tra le parti e anche il risultato è stato più contestato del previsto. La scelta della Bindi spaccò il fronte Pd-Pdl (quando ancora Berlusconi era nella maggioranza e Forza Italia non esisteva) : i parlamentari del Popolo della libertà disertarono l’incontro denunciando il fatto che non si fosse trovato un accordo sul nome condiviso per la presidenza. Mai prima del 2013, si aveva dovuto aspettare così tanto. Solo nella settima legislatura, tra il ’76 e il ’79, il Parlamento non aveva riconfermato la commissione speciale. L’organo, composto da 25 senatori e 25 deputati, ha una funzione d’inchiesta e per questo può acquisire prove e documentazioni e sentire testimoni in apposite audizioni. Inoltre, delegazioni della Commissioni si spostano sul territorio per vedere “nel concreto le problematiche legate alla presenza mafiosa”. E poi si occupa di informazione e iniziative sulla mafia organizzate “per esempio nelle scuole”.
Nata in ritardo sotto il governo Letta, ora la Commissione cerca di recuperare tempo e organizza la rassegna di incontri. Nessun dubbio sul valore degli ospiti. Si comincia il 5 marzo con la proiezione del film di Pif: “La mafia uccide solo d’estate” alla presenza dell’autore, del giornalista Attilio Bolzoni e della Presidente Rosy Bindi. Si parlerà di ‘ndrangheta e femminicidio con Lirio Abbate e Arcangelo Badolati; per commemorare i vent’anni dalla morte di don Giuseppe Diana ci sarà invece la proiezione in anteprima della fiction Rai dedicata al prete antimafia. E si chiude con Giovanni Fiandaca giurista autore del doppio saggio (insieme a Salvatore Lupo) che definisce “legittima” la trattativa Stato-mafia. “Quasi sicuramente sarà presente anche un contraddittorio”, fanno sapere dalla Commissione, “l’intento è solo quello di creare un dibattito sulle idee” (il programma sarà chiuso il 28 febbraio).
Ma non tutti ci stanno. “Un invito inaccettabile, ci opporremo in tutti i modi”, denuncia il senatore Giarrusso, “La Bindi vuole fare il processo al processo e organizzare un evento assolutamente anomalo. Il procedimento sulla trattativa è ancora in corso, quindi ci sembra totalmente fuori luogo organizzare un incontro simile”. Fiandaca è giurista e insieme allo storico Salvatore Lupo ha scritto un doppio saggio all’interno del quale compare una tesi definita, nella presentazione dell’edizione Laterza, “sorprendente“. Ovvero, si dice che “l’impianto accusatorio del pool di magistrati di Palermo”, come si legge, “non regge, i comportamenti di cui all’accusa non sono reato e Cosa Nostra non è stata salvata”. Il saggio, secondo gli autori, intende dare, “uno sguardo nuovo su un processo ricco di ambiguità, di coni d’ombra, di nodi tecnici da sciogliere, nel quale si fondono e si confondono tre piani: giudiziario, storico-politico, etico”. Un’anticipazione è stata pubblicata il Corriere della Sera e subito ha scatenato numerose polemiche. Al centro, l’idea è che il processo non abbia fondamento e che parlare di “patto occulto” tra Stato e mafia sia scorretto. E che anzi, certi gesti e decisioni siano stati presi per “necessità”, ovvero per “fermare le stragi eccezionali di quegli anni”. Al momento della presentazione dell’iniziativa, l’ufficio di presidenza non ha posto obiezioni. Di diversa opinione il senatore Giarrusso: “Tutto questo, il contenuto e le tesi di quel libro bastano a farci dire che quella persona non può venire a parlarci di un processo che è in corso. Figuriamoci, non abbiamo tempo per parlare in modo approfondito della questione e dovremmo sprecare del tempo per il processo al processo”.