La partita del sottogoverno di Matteo Renzi è ancora aperta. Il presidente del Consiglio è intenzionato a chiudere già per la serata e il consiglio dei ministri fissato per il pomeriggio – dopo la visita di Treviso – servirà proprio per la nomina di viceministri e sottosegretari. Un puzzle di cui si sta occupando di nuovo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, oltre ai componenti della segreteria Lorenzo Guerini e Luca Lotti. L’obiettivo è stare sotto le 50 nomine, ma sta diventando un compito difficile, anche perché pare evidente che la stella polare resti il manuale Cencelli che ha guidato anche la composizione del governo (addirittura alla lira della corrente del Pd). In particolare ci sono partitini che – pur necessari alla maggioranza del Senato che come si è visto non è affatto larghissima – sono stati ridimensionati dal rimpastone di Renzi, come i Popolari per l’Italia di Mario Mauro.
Lo schema prevede una ventina di posti per il Pd (di cui una decina alle minoranze), una decina al Nuovo Centrodestra, 4-5 Scelta Civica e i Popolari, un posto di rilievo al Psi (o due meno importanti), uno al Centro Democratico (Bruno Tabacci potrebbe essere vice allo Sviluppo con la Guidi). Una miscela davvero difficile da comporre. Ma alcuni punti fermi ci sono, come quello di Luca Lotti alla presidenza del Consiglio (con deleghe però da definire, a partire dai Servizi contesi con Marco Minniti). Matteo Renzi deve fare i conti anche con le rivendicazioni regionali emerse in queste ore.
I sottosegretari e viceministri Ncd dovrebbero comunque non essere meno di 7, con alcune conferme, come quelle di Gioacchino Alfano alla Difesa e Luigi Casero all’Economia e qualche nome nuovo, come quello di Enrico Costa alla Giustizia (il suo posto di capogruppo alla Camera finirebbe a Nunzia De Girolamo). E malumori emergono anche nel gruppo Per L’Italia, dove si osserva come il voto di fiducia al Senato abbia “mandato un segnale chiaro sulla composizione della maggioranza”: per la sua sopravvivenza i 12 senatori Popolari sono al momento decisivi. E’ in calo il nome – con l’interessato che ne esclude la possibilità – di Mario Mauro come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (o viceministro agli Esteri) per gli Affari Ue, delega per cui è in corsa l’ex ministro Enzo Moavero. In questo ruolo tra i candidati c’è anche Sandro Gozi (Pd). Verso la conferma Mario Giro (Popolari) alla Farnesina mentre alla Difesa potrebbe approdare il generale Domenico Rossi. In pole anche Andrea Olivero al Welfare e, in quota Udc, Roberto Rao alla Giustizia. Superata qualche diatriba interna, sembra invece delineata la quota di Scelta Civica: oltre ai confermati Calenda e Borletti Buitoni – allo Sviluppo Economico e alla Cultura – sono date per sicure le nomine di Benedetto Della Vedova come viceministro dell’Economia e di Enrico Zanetti (o Irene Tinagli) al Lavoro. Luigi Bobba (ex presidente delle Acli, Pd) è destinato al Sociale, mentre Enrico Morando (destra del Pd) potrebbe avere una delega di un ministero economico. Al Viminale cercano conferme il sottosegretario Manzione e il viceministro Bubbico (entrambi Pd).
Per l’Editoria dovrebbe essere confermato Giovanni Legnini, anche se ci potrebbero essere sorprese all’ultimo momento come un altro democratico, Antonello Giacomelli. Nel Pd, verso la conferma di Lapo Pistelli (Esteri) e Pierpaolo Baretta (Economia). Mentre tra i renziani, si fanno largo i nomi di David Ermini, Matteo Richetti e Simona Bonafé, è in prima linea il nome di Emanuele Fiano all’Interno, con Pina Picierno, Davide Zoggia e un esponente dei “giovani turchi” in corsa per gli altri posti. C’è sicuramente bisogno di affiancare il ministro Boschi alle Riforme e ai Rapporti con il Parlamento (si parla di Gianclaudio Bressa del Pd e Federica Chiavaroli del Ncd). E poi il Corriere della Sera parla di un grande ritorno: Cecile Kyenge, come vice al Welfare con le stesse deleghe per l’Integrazione. Con buona pace della Lega Nord.