Da domenica il sindaco di Roma Ignazio Marino annuncia che bloccherà la città. Un chiaro ultimatum. Il motivo dell’arrabbiatura dell’inquilino illustre del Campidoglio è il rifiuto del nuovo governo di porre la fiducia sul decreto “Enti locali”, ma che in realtà tradotto si legge “Salva Roma”. Una leggina ad hoc – se va in porto è la seconda – che consentirebbe alla capitale di avere strumenti e denaro fresco per fronteggiare la sua grave crisi economica. Che la coperta sia corta è un dato di fatto. Che il tessuto si sia addirittura sfilacciato è una certezza. Ma ciò che non si comprende, non si capisce, non si spiega è perché il sindaco di Roma può lanciare uno stizzito e indignato ultimatum mentre i primi cittadini delle altre metropoli se solo, informano, che stanno alla banca rotta vengono tacciati di arretratezza amministrativa, cultura assistenziale, inettitudine e incapacità.
Faccio un esempio non casuale: Napoli. Il sindaco anomalo Luigi de Magistris lo dice da almeno due anni: “Ho un debito lasciatomi in omaggio dalle precedenti amministrazioni, non mi lamento, i napoletani sapranno tirarsi fuori dalla crisi. Al governo non chiedo soldi ma di avere strumenti normativi adeguati per poter operare”. C’è un dramma serio che coinvolge tutti i Comuni d’Italia. La crisi economica si sta avvitando e implodendo. Il paese è nei fatti diviso. Basti pensare che Napoli paga, tasse, tariffe e polizze doppie rispetto a Milano ma non ha la ricchezza della capitale del Nord. Cerchiamo di capirci. Si è creato un meccanismo autoreferenziale micidiale. Sotto il maglio delle varie spending review, tagli, patti di stabilità, contenimento dell’inflazione, direttive europee, politiche di correzioni dei conti, nelle casse delle amministrazioni locali viene trasferito ben poco dal governo centrale. Anzi le asfittiche amministrazioni devono rastrellare tributi e girarli allo Stato centrale. E’ un sistema che così non può più funzionare. La crisi è evidente.
La coperta sfilacciata comincia a mostrare inquietanti buchi. I sindaci-sarti finché hanno potuto con ago e filo hanno cucito e ricucito le toppe. Ma è chiaro che azzeccando toppe su toppe non si va avanti. Prendiamo sempre l’esempio emblematico di Napoli: i servizi sono all’osso, il terzo settore allo sbando, la sofferenza è evidente e coinvolge pezzi sempre più ampi di città. L’assessore alle Finanze del Comune di Napoli Salvatore Palma ha approntato un rigido programma di rientro dai debiti per scongiurare una inneggiante – vedi il capo dell’opposizione Gianni Lettieri – dissesto finanziario. Iniziativa stoppata dalla Corte dei Conti che scrive: “Apprezzabile lo sforzo e la volontà dell’Amministrazione ma occorrono cifre e riscontri certi”. I miracoli li fa solo San Gennaro. Questo è chiaro.
Allora come uscire da questa crisi? Qui è a rischio il bene più prezioso di una comunità: la coesione sociale, i rapporti di solidarietà, la dignità dei cittadini, la salute di un popolo. Se di “nuovo” corso si tratta, Palazzo Chigi deve riconnettersi con i territori, con le comunità e con i bisogni veri della gente. Serve un’azione legislativa incisiva e concreta che aiuti tutte le amministrazioni ad uscire dalla pesante crisi finanziaria. Il tunnel è buio e invece di attraversarlo giorno per giorno i sindaci sono costretti ad arredarlo. Un Rosario di lamentele legittime, sacrosante e giuste: ci sono le buche in strada, le scuole sono malmesse, l’arredo urbano cade a pezzi, i servizi erogati non sono a misura di cittadino, gli interventi strutturali languono, gli investimenti sono pari a zero.
La partita rischia di essere truccata. Mai come ora bisogna tenere i piedi nella realtà e agire con onestà. Appare stridente la voce afona del presidente della Regione Campania Stefano Caldoro che di ritorno da Marte all’improvviso si accorge come negli anni il Sud e in generale il Meridione non siano più presenti nell’agenda politica nazionale. Che strano! Il governatore dal 2001 al 2006 non si è mai accorto di nulla? Eppure è stato nei governi Berlusconi, Sottosegretario dell’Istruzione (giugno 2001 – dicembre 2004), Vice ministro Istruzione (dicembre 2004 – aprile 2005), Ministro per l’attuazione del Programma di Governo (aprile 2005 – maggio 2006) condividendo atti, provvedimenti, decreti, disegni di legge a trazione leghista e contro un meridione sempre più saccheggiato e umiliato.
Insomma è giusto e sacrosanto l’ultimatum del sindaco Marino ma occorre spogliarsi del campanilismo, dell’ autoreferenzialità dei territori amministrati e allargare l’orizzonte. I sindaci devono unirsi, costruire un movimento, una piattaforma avere una sola voce e farsi ascoltare dall’ex sindaco e ora premier Matteo Renzi. Non c’è davvero più tempo.