Leggere il “manifesto” politico di Renzi: “Innovazione e uguaglianza, la mia idea di destra e sinistra nell’Europa della crisi” (che era la prefazione alla riedizione libro di Norberto Bobbio Destra e sinistra) lascia desolati.
Desolati nel senso etimologico del termine, che non è esser senza suole (anche senza suole non si va lontano) ma viene dal latino, solo, solitario. Lasciati da soli, privati di ogni possibile riferimento. Ecco: ci si sente così, se si pone il Partito democratico (di cui Renzi è leader maximo, esprimendone la politica da Segretario e la pratica da Presidente del Consiglio dei ministri) come espressione (unica espressione sostengono in tanti) della sinistra oggi.
Perché, secondo Renzi, la società oggi è “un magma impossibile da ridurre alla vecchia contraddizione eguali/diseguali a lungo così nitida”.
Nel ‘900, sempre secondo il verbo renziano, c’erano “gli ultimi e gli esclusi”; poi è arrivata la sinistra socialdemocratica che “con l’invenzione del welfare aveva provveduto a sfamare le bocche e gli animi degli ultimi e degli esclusi, liberandoli dal bisogno materiale e fornendo loro l’occasione di realizzare se stessi”.
Che cosa fare dunque per definire cos’è la sinistra? Introdurre una “terza dimensione”, quella temporale.
Come se fino ad oggi non ci fossero stati i progressisti e i conservatori (più temporale di così). Come se fino ad oggi non ci fossero stati quelli che volevano cambiare il mondo e quelli che volevano mantenerlo nella sostanza uguale, conservando (appunto) inalterati i rapporti di forza e quindi i propri privilegi. Come se non ci fosse mai stato nessuno a dire che “le crisi sono il motore della storia”. Frase che un qualche riferimento alla temporalità pure esprime.
Quindi, nulla di nuovo, nulla di originale, nessuna innovazione positiva nel manifesto del nuovo Pd.
Anzi, ripudio delle fondamenta di ogni possibile pensiero innovatore o progressista (per non dire “di sinistra”, socialista o socialdemocratico), giacché è lo stesso Renzi a negare il conflitto. A negare l’esistenza di una (certamente diversa da quella ottocentesca e di quasi tutto il novecento) contraddizione tra capitale e lavoro. Contraddizione che oggi si è estesa a macchia d’olio, contaminando ogni ceto sociale produttivo, giacché il capitale in fuga dal conflitto (che stava ad un certo punto perdendo), ha trovato il modo di auto-sostenersi e di astrarsi, di auto-riprodursi, come una lumaca ermafrodita, con il gioco della finanza. Abbandonando il lavoro come unica fonte di guadagno, ma anche sfruttandolo ancor più selvaggiamente non solo in fabbrica ma pure negli uffici, e persino in quell’indefinito e indefinibile campo che è la creatività.
Il sapere, la scienza, l’arte del bello (in ogni sua espressione e forma) soggiacciono alla produzione di nuovo capitale, di nuova ricchezza non certo redistribuita. Persino il lavoro intellettuale è divenuto in gran parte alienato.
Questo nella piccola parte del mondo di cui Renzi parla. Perché per la stragrande maggioranza dell’umanità sono ancora terribilmente presenti in forma addirittura più crudele le forme di sfruttamento dell’umanità che Renzi definisce “superate dalla vittoria della socialdemocrazia”. Una vittoria che, evidentemente, vale solo per chi occupa un qualche posto di privilegio nella società italiana.
Ma la cosa più desolante di tutte è che il “manifesto” del Pd renziano altro non è che la riproposizione – scritta con più garbo ma non più nemmeno mascherata – del manifesto con cui la destra (quella parte della società che si batte strenuamente per difendere i propri privilegi ed evitare l’emancipazione degli “ultimi”) ha riconquistato tutte le posizioni che il grande movimento liberatore dell’umanità aveva conquistato nel ‘900, e anzi ricacciandolo indietro ulteriormente se si guarda il mondo nel suo complesso.
Sarebbe, per il segretario del Pd, di “sinistra” tutto ciò che è innovazione, modifica dello stato di cose esistenti. E quindi di destra sarebbe tutto ciò che è conservazione. Senza specificare che cosa si vuole modificare o conservare. E soprattutto per chi lo si vuole fare.
E così diventa di destra voler conservare, per esempio, quel che di buono aveva prodotto il movimento dei lavoratori nel secolo scorso. Diventa di destra voler conservare i diritti che la Costituzione (ma anche la Dichiarazione Universale) sancisce. Nel lavoro, nella società, nella scuola, nella salute voler “conservare” è di destra. Voler “innovare” è di sinistra.
Voler innovare, è vero, è di sinistra. Ma non di per sé. È di sinistra quando si vuole innovare per invertire i rapporti di forza che oggi caratterizzano la società neocapitalista tra chi detiene ricchezza e chi la produce non per se stesso ma per altri. E cioè quando si vuole innovare per costruire modi di produzione che siano compatibili con la sopravvivenza della specie umana, della Terra e dei suoi abitanti in generale; quando si vuole innovare per costruire una società in cui donne e uomini siano davvero uguali per possibilità e diritti, anche indipendentemente dal loro credo religioso o dal loro orientamento sessuale; quando si vuole innovare per costruire una società che rimuova “gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” in cui vivono.
Questa è l’unica innovazione di sinistra. Ed è – con buona pace di Renzi – una innovazione con la quale in molti si stanno misurando. Il resto è, a voler essere buoni, fumo negli occhi prodotto da chi si è fatto comprare e corrompere dai detentori di quella ricchezza (l’uno percento dell’umanità).
E se questa è la sinistra, come credo che sia, nel manifesto del segretario del Pd non ve ne è traccia. Sta tutta, invece, nel manifesto che il grande movimento europeo sta candidando Tsipras alla presidenza del Parlamento e nei grandi movimenti che in Europa stanno mettendo seriamente in discussione le politiche sociali ed economiche su cui si basa l’assetto del continente oggi.
Maso Notarianni
Giornalista mediterraneo
Politica - 27 Febbraio 2014
Il ‘manifesto’ di Renzi? Desolante
Leggere il “manifesto” politico di Renzi: “Innovazione e uguaglianza, la mia idea di destra e sinistra nell’Europa della crisi” (che era la prefazione alla riedizione libro di Norberto Bobbio Destra e sinistra) lascia desolati.
Desolati nel senso etimologico del termine, che non è esser senza suole (anche senza suole non si va lontano) ma viene dal latino, solo, solitario. Lasciati da soli, privati di ogni possibile riferimento. Ecco: ci si sente così, se si pone il Partito democratico (di cui Renzi è leader maximo, esprimendone la politica da Segretario e la pratica da Presidente del Consiglio dei ministri) come espressione (unica espressione sostengono in tanti) della sinistra oggi.
Perché, secondo Renzi, la società oggi è “un magma impossibile da ridurre alla vecchia contraddizione eguali/diseguali a lungo così nitida”.
Nel ‘900, sempre secondo il verbo renziano, c’erano “gli ultimi e gli esclusi”; poi è arrivata la sinistra socialdemocratica che “con l’invenzione del welfare aveva provveduto a sfamare le bocche e gli animi degli ultimi e degli esclusi, liberandoli dal bisogno materiale e fornendo loro l’occasione di realizzare se stessi”.
Che cosa fare dunque per definire cos’è la sinistra? Introdurre una “terza dimensione”, quella temporale.
Come se fino ad oggi non ci fossero stati i progressisti e i conservatori (più temporale di così). Come se fino ad oggi non ci fossero stati quelli che volevano cambiare il mondo e quelli che volevano mantenerlo nella sostanza uguale, conservando (appunto) inalterati i rapporti di forza e quindi i propri privilegi. Come se non ci fosse mai stato nessuno a dire che “le crisi sono il motore della storia”. Frase che un qualche riferimento alla temporalità pure esprime.
Quindi, nulla di nuovo, nulla di originale, nessuna innovazione positiva nel manifesto del nuovo Pd.
Anzi, ripudio delle fondamenta di ogni possibile pensiero innovatore o progressista (per non dire “di sinistra”, socialista o socialdemocratico), giacché è lo stesso Renzi a negare il conflitto. A negare l’esistenza di una (certamente diversa da quella ottocentesca e di quasi tutto il novecento) contraddizione tra capitale e lavoro. Contraddizione che oggi si è estesa a macchia d’olio, contaminando ogni ceto sociale produttivo, giacché il capitale in fuga dal conflitto (che stava ad un certo punto perdendo), ha trovato il modo di auto-sostenersi e di astrarsi, di auto-riprodursi, come una lumaca ermafrodita, con il gioco della finanza. Abbandonando il lavoro come unica fonte di guadagno, ma anche sfruttandolo ancor più selvaggiamente non solo in fabbrica ma pure negli uffici, e persino in quell’indefinito e indefinibile campo che è la creatività.
Il sapere, la scienza, l’arte del bello (in ogni sua espressione e forma) soggiacciono alla produzione di nuovo capitale, di nuova ricchezza non certo redistribuita. Persino il lavoro intellettuale è divenuto in gran parte alienato.
Questo nella piccola parte del mondo di cui Renzi parla. Perché per la stragrande maggioranza dell’umanità sono ancora terribilmente presenti in forma addirittura più crudele le forme di sfruttamento dell’umanità che Renzi definisce “superate dalla vittoria della socialdemocrazia”. Una vittoria che, evidentemente, vale solo per chi occupa un qualche posto di privilegio nella società italiana.
Ma la cosa più desolante di tutte è che il “manifesto” del Pd renziano altro non è che la riproposizione – scritta con più garbo ma non più nemmeno mascherata – del manifesto con cui la destra (quella parte della società che si batte strenuamente per difendere i propri privilegi ed evitare l’emancipazione degli “ultimi”) ha riconquistato tutte le posizioni che il grande movimento liberatore dell’umanità aveva conquistato nel ‘900, e anzi ricacciandolo indietro ulteriormente se si guarda il mondo nel suo complesso.
Sarebbe, per il segretario del Pd, di “sinistra” tutto ciò che è innovazione, modifica dello stato di cose esistenti. E quindi di destra sarebbe tutto ciò che è conservazione. Senza specificare che cosa si vuole modificare o conservare. E soprattutto per chi lo si vuole fare.
E così diventa di destra voler conservare, per esempio, quel che di buono aveva prodotto il movimento dei lavoratori nel secolo scorso. Diventa di destra voler conservare i diritti che la Costituzione (ma anche la Dichiarazione Universale) sancisce. Nel lavoro, nella società, nella scuola, nella salute voler “conservare” è di destra. Voler “innovare” è di sinistra.
Voler innovare, è vero, è di sinistra. Ma non di per sé. È di sinistra quando si vuole innovare per invertire i rapporti di forza che oggi caratterizzano la società neocapitalista tra chi detiene ricchezza e chi la produce non per se stesso ma per altri. E cioè quando si vuole innovare per costruire modi di produzione che siano compatibili con la sopravvivenza della specie umana, della Terra e dei suoi abitanti in generale; quando si vuole innovare per costruire una società in cui donne e uomini siano davvero uguali per possibilità e diritti, anche indipendentemente dal loro credo religioso o dal loro orientamento sessuale; quando si vuole innovare per costruire una società che rimuova “gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” in cui vivono.
Questa è l’unica innovazione di sinistra. Ed è – con buona pace di Renzi – una innovazione con la quale in molti si stanno misurando. Il resto è, a voler essere buoni, fumo negli occhi prodotto da chi si è fatto comprare e corrompere dai detentori di quella ricchezza (l’uno percento dell’umanità).
E se questa è la sinistra, come credo che sia, nel manifesto del segretario del Pd non ve ne è traccia. Sta tutta, invece, nel manifesto che il grande movimento europeo sta candidando Tsipras alla presidenza del Parlamento e nei grandi movimenti che in Europa stanno mettendo seriamente in discussione le politiche sociali ed economiche su cui si basa l’assetto del continente oggi.
C'era una volta la Sinistra
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.