Rifugiato politico negli Usa a Minneapolis dal 1999, questo 28enne somalo lavora come commesso, ma è stato cameriere e autista di limousine. Ha avuto qualche guaio con la giustizia americana. Alla sua prima esperienza recitativa rischia però di vincere la statuetta più prestigiosa come come attore non protagonista nel film Captain Phillips diretto da Paul Greengrass e interpretato da Tom Hanks
Il sogno americano, ancora lui. È molto probabile che dopo la vittoria ai Bafta di dieci giorni fa, nella notte del 2 marzo alla consegna dell’Oscar come miglior attore non protagonista sbuchino vincitori la faccia smagrita e le pupille saettanti di Brakhad Abdi, il ragazzo somalo che di professione attuale risulta commesso, coprotagonista di Captain Phillips film diretto da Paul Greengrass e interpretato da Tom Hanks.
Le note biografiche che tutti i tabloid anglosassoni stanno rilanciando in questi giorni dicono che Abdi fino a non più di tre anni fa facesse la spola tra lavoretti saltuari e diversi ‘incidenti’ con la giustizia americana. Mai avrebbe pensato il ragazzo africano nato a Mogadiscio 28 anni fa, rifugiato politico negli Usa a Minneapolis dal 1999, che da un giorno all’altro sarebbe finito su un set di cinema hollywoodiano con tanto di mitra a minacciare un divo come Hanks.
Eppure Abdi nel film di Greengrass è Abdiweli Muse, il capo pirata che irrompe sulla nave cargo Maersk Alabama, realmente sequestrata dai pirati somali nel 2009, e arrivato e mezzo metro da Hanks/Phillips lo guarda e dice: “Look at me I’m the captain now”. Deciso, sicuro, attore di razza, Abdi spadroneggia sul set in mare aperto e personifica la violenta e cupa paura dell’imprevedibile: “Paul Greengrass ha creduto in me”, ha spiegato, “ho fatto il casting senza avere precedenti esperienze di recitazione. Io vengo dal nulla e ora mi trovo in questa situazione che definirei di shock: è il mio primo film, la prima esperienza come attore e rischio di vincere un Oscar”.
Il dramma familiare di Abdi inizia nei primi anni novanta, quando a Mogadiscio infuria la guerra civile: “C’erano armi e proiettili dappertutto. Chiunque poteva entrare in casa e ucciderti”. Ecco che il padre, un insegnante, raccoglie l’intera famiglia e la porta in Yemen. E ancora nel 1999 il trasferimento negli Usa a Minneapolis dove prospera un’estesa comunità somala. Abdi va a scuola e vive una forma singolare di razzismo proprio nel giocare a basket: sono i compagni di classe afroamericani a cacciarlo dagli allenamenti perché ‘somalo’.
Così la trafila di lavori è tra le più proletarie degli States: commesso, cameriere e autista di limousine, ma anche dj e aiutante nel negozio di telefonia del fratello dove è tornato a lavorare finite le riprese di Captain Phillips. Abdi però si è fatto anche qualche settimana in cella tra il 2004 e il 2009 per possesso di droghe (leggere), frode di carta di credito, nome falso dato agli agenti: “Certi errori si fanno per compiacere amici che ti fanno sentire più cool. Ma ora sono cambiato e gli sbagli ti aiutano a crescere”.
Il 2 marzo il ragazzo dovrà concorrere con nomi del calibro di Bradley Cooper, Jonah Hill, Michael Fassbender e Jared Leto, ma frequentando da qualche mese Hollywood – c’è chi l’ha fotografato perfino in Ferrari – e ‘colleghi’ come Kevin Spacey e Sacha Baron Cohen sembra quasi più stupito del fatto che nella categoria ‘attori protagonisti’ non sia stato candidato il suo supporter numero uno, Tom Hanks: “Se vinco mi trasferisco a Hollywood definitivamente. Ho già assunto uno stilista e un insegnante di recitazione”.