All’ex numero uno della Provincia di Milano era stato imputato un presunto giro di mazzette legate alla riqualificazione delle ex aree industriali Falck e Marelli, tangenti incassate - in base all’accusa - all’epoca in cui era il sindaco di Sesto San Giovanni in cambio della concessione di permessi edilizi sui terreni
E’ caduta la coltre della prescrizione sulle accuse più pesanti nei confronti di Filippo Penati mosse in uno dei filoni dell’inchiesta sulle tangenti del cosiddetto “Sistema Sesto“. Il non luogo a procedere per prescrizione nei confronti dell’esponente del Pd è diventato definitivo con il sigillo della Cassazione, nonostante lo stesso Penati avesse presentato ricorso – al fine di essere giudicato nel processo – contro la sentenza del 22 maggio scorso del tribunale dei Monza, che lo proscioglieva. All’ex numero uno della Provincia di Milano era stato imputato un presunto giro di mazzette legate alla riqualificazione delle ex aree industriali Falck e Marelli, tangenti incassate – in base all’accusa – all’epoca in cui era il sindaco di Sesto San Giovanni in cambio della concessione di permessi edilizi sui terreni.
L’intervenuta modifica legislativa della legge anti corruzione aveva accorciato i termini di prescrizione per il reato di concussione e il tribunale in mancanza di un atto formale di rinuncia da parte dell’imputato, aveva dichiarato l’estinzione del reato. Una decisione quella di Monza con la quale hanno concordato gli “ermellini”. La sesta sezione penale della Cassazione, presieduta oggi da Tito Garribba, ha ritenuto “inammissibile” il ricorso. “Celebrare il processo mi avrebbe consentito di difendermi e dimostrare la mia innocenza. Contro di me ci sono solo menzogne, ed io non intendo fermarmi”, ha subito commentato Penati.
Rimane il fatto, come ha sottolineato nella sua requisitoria il sostituto procuratore generale Giuseppe Volpe, che la richiesta di rinunciare alla prescrizione non era stata formulata nell’udienza di Monza: “Anche nel momento clou, quando si doveva dichiarare cosa manifestare al tribunale, la difesa non ha espresso la sua decisione”, quindi – ha aggiunto – “la sentenza è stata resa correttamente” ai sensi dell’articolo 129 del codice di procedura penale (obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità). La decisione di rinunciare alla prescrizione era infatti stata annunciata pubblicamente dall’esponete Pd in fase di indagini preliminari, ma non era mai stata formalizzata.
Per questo, anche se pochi minuti dopo la sentenza di Monza Penati aveva già anticipato la sua volontà di presentare ricorso alla Suprema Corte (“la prescrizione è stata chiesta dai pm e non da me”, aveva tra l’altro detto), non erano mancate le critiche. “Non rinuncio comunque a dimostrare la mia totale estraneità ai fatti che mi sono stati contestati. Ho dato incarico ai miei legali di promuovere in sede civile tutte le iniziative giudiziarie atte a ristabilire la verità dei fatti, a tutela della mia onorabilità e citerò i miei accusatori per diffamazione”, annuncia ora.