L'ex presidente di Unipol prova con la politica e inaugura la sua associazione a Bologna: "Siamo già in 100. Renzi? Non vedo concretezza". Ma all'appuntamento non si presenta nessun volto del Pd
Scalpitava Giovanni Consorte. A vederlo sembra quasi che fossero anni che attendeva questo momento: entrare in politica. “Non è un nuovo partito, ma appoggeremo dei candidati già dalle Europee”, assicura lui. L’ex presidente di Unipol – assolto per la scalata a Bnl, ma condannato a un anno e 8 mesi per la tentata scalata Bpi ad Antoveneta – riparte da Bologna, dove la sua carriera di numero uno della finanza rossa si era interrotta in maniera traumatica otto anni fa. Eppure, alla prima della sua associazione Sinistra 2020, la sinistra che conta non c’era. Non un volto noto del Partito Democratico, non un amministratore della città “più rossa d’Italia”. L’isolamento rispetto al mondo di cui teneva i cordoni della borsa fino al 2006 è palpabile. Sul tavolo dei relatori infatti i due unici nomi di rilievo sono quelli di Francesca Scopelliti, vedova di Enzo Tortora, e Paolo Pombeni, politologo di matrice dossettiana, che con l’ex finanziere ha progettato l’associazione. Poi c’è Alberto Nigra, ex parlamentare Ds tra il 2001 e il 2006 poi passato al Nuovo Psi, che nel 2010 contribuì alla vittoria di Roberto Cota in Piemonte contro Mercedes Bresso, e c’è Lamberto Cotti, negli anni Ottanta, presidente del Psi della provincia di Bologna. Per il resto amici, qualche giovane: “Siamo già in 100. E presto faremo un incontro con Gianni Pittella“, spiega Consorte.
Nel suo discorso durato quasi un’ora, l’ex presidente Unipol propone una sinistra di imprenditori, più che legata al mondo dei lavoratori dipendenti. Parla della necessità di abbattere il debito, di tagliare seriamente la spesa pubblica. Tuttavia è a margine dell’incontro che lancia le bordate a tutto il mondo Pd, nessuna componente esclusa. Si dimostra poco fiducioso nel presidente del Consiglio Matteo Renzi. Innanzitutto il jobs act non convince a suo parere: “Non vedo una grande concretezza. Possiamo fare ottimismo, possiamo inventarci il jobs act, ma io dico che serve una serie di misure di carattere economico per risolvere il problema del lavoro. Senza di queste il problema non si risolve. Vengono a raccontare delle balle, perché il lavoro si crea se le aziende riprendono la loro attività”.
Ma in tema di governo e di lavoro c’è una cosa che Consorte non sembra mandare giù: la promozione a ministro del lavoro di Giuliano Poletti. Quest’ultimo, infatti, presidente della Legacoop già ai tempi dello scoppio del caso delle scalate bancarie che coinvolsero Unipol, prese esplicitamente le distanze da Consorte, che anche per questo perse il suo posto. “Non mi aspettavo la sua nomina”, spiega ora Consorte, “ma non mi faccia dire di più. Non mi va di entrare nel merito delle persone, io ho una storia un po’ tormentata e quindi preferisco non esprimermi. Vedremo i fatti”. Poi, incalzato da ilfattoquotidiano.it, prosegue: “Se la nomina di Poletti non mi piace? Non dico questo, dico che i mestieri bisogna averli fatti per poterli affrontare anche a livello umano. Io per esempio li ho fatti e quindi ho tutta una serie di idee più o meno applicabili che intendo portare avanti, su un problema, quello del lavoro, che è veramente drammatico”.
Consorte poi ha parlato della fusione Unipol-Fonsai avvenuta nei mesi scorsi: “Mi pronuncio solo sul piano industriale ed è una buona operazione, perché si è costruito un gruppo che ha una dimensione europea e la competizione si svolge a quel livello. Di tutto il resto non dico nulla”.
È quando si parla dei suoi anni alle prese con tribunali, giudici, condanne. Vista la presenza come ospite d’onore di Francesca Scopelliti, moglie di Tortora, impossibile non porre la domanda: “Si sente perseguitato, un po’ come lo fu Tortora”. “Sì”, risponde lui. “Però mi sono sempre difeso nelle aule del tribunale e non ho mai accusato la magistratura. Sono stato condannato solo su Antonveneta, su un’accusa che io ritengo ingiusta. Per altri 11 capi d’imputazione sono stato assolto”.
Poi, quando gli si fa notare che il centrosinistra guidato da Romano Prodi fu danneggiato nella campagna elettorale dalle voci delle scalate su Bnl e dalla sua famosa telefonata con Piero Fassino, Consorte si difende: “Non ha pagato la sinistra per questa storia, ho pagato io, solo io”. Poi conclude: “Se la sinistra avesse appoggiato seriamente l’operazione Bnl le cose sarebbero andate diversamente”. La ferita infertagli dagli ex compagni che lo abbandonarono brucia ancora. Ma Consorte non ci sta a passare per il cattivo, e più di una volta ripete: “Non è finita”.