La Cina accusa i terroristi uiguri per il massacro avvenuto nella tarda serata di sabato nella stazione di Kunming, nel sudovest del paese, dove secondo l’ultimo bilancio, 30 persone sono state uccise e più di cento ferite a colpi di coltello. Gli uiguri sono la minoranza turcofona e musulmana originaria del Xinjiang, la vasta regione del nordovest della Cina ricca di risorse naturali e che segna i confini con l’Asia meridionale e centrale.
L’attacco, di una gravità senza precedenti, è stato condotto da almeno dieci uomini vestiti di nero, che si sono scagliati sulla folla nella stazione ferroviaria di Kunming, una città di oltre sei milioni di abitanti al centro di una popolare zona turistica. Il presidente Xi Jinping ha personalmente chiesto alle forze di sicurezza di “indagare e risolvere il caso” e di sradicare “tutte le forme di terrorismo” dal Paese. Xi ha anche ordinato al capo dei servizi di sicurezza di Pechino, Meng Jianzhu, di seguire personalmente il caso. Secondo la tv Cctv gli agenti intervenuti mentre andava avanti la strage hanno aperto il fuoco ed ucciso quattro assalitori, tre uomini ed una donna.
Gli uiguri, che oggi sono una minoranza nel Xinjiang a causa della massiccia immigrazione da altre regioni della Cina, lamentano di essere lasciati ai margini dello sviluppo economico e di essere considerati cittadini di “serie B” rispetto alla maggioranza dei cinesi “han”. La situazione nella regione è estremamente tesa dal 2009, quando quasi 200 persone persero la vita in scontri tra uiguri e cinesi a Urumqi, la capitale della Regione Autonoma del Xinjiang. Da allora il territorio è isolato e teatro di sporadici episodi di violenza che Pechino attribuisce a secessionisti musulmani legati all’Internazionale islamica del terrore basata in Pakistan e Afghanistan.
L’ultimo violento attacco attribuito a terroristi uiguri è quello di Turpan, nel luglio scorso, nel quale 24 persone rimasero uccise. Lo scorso 28 ottobre, una jeep ha investito la folla a piazza Tiananmen, a Pechino, uccidendo cinque persone. Anche questo episodio è stato attribuito ai secessionisti del Xinjiang. I gruppi di uiguri in esilio sostengono che Pechino esagera ad arte di ruolo dei terroristi e l’accusa di praticare una politica di repressione. Dal 2009, sottolineano, centinaia di uiguri sono stati arrestati e imprigionati e decine di condanne a morte sono state eseguite nella regione.