A fronte della gravissima crisi in corso ci sono, schematizzando sommariamente, due scuole di pensiero e di azione.
La prima, ben esemplificata dal governo Renzi, infarcito di personaggi di ogni genere della vecchia Italia corrotta e sprecona, consiste grosso modo nel continuare a dare fiducia alle forze “del libero mercato”, banche e finanza in testa, che ci hanno portato alla situazione attuale. Anzi, nel rimpinguarle ulteriormente di soldi pubblici, come quei miliardi di euro sperperati per sostenere, in tutto il mondo, il sistema fallimentare che ha prodotto la crisi e nel gettare loro in pasto quanto poco di pubblico rimane nelle nostre società, creando così i presupposti per un ulteriore aggravamento della situazione.
La seconda linea si basa invece sulla necessità di cambiare a fondo le cose. Identificando le motivazioni profonde della crisi proprio nella briglia sciolta consentita alle cosiddette forze di mercato, tale linea si propone degli argini ben precisi ed invalicabili all’operare delle stesse. Ciò non può avvenire però, mediante la burocrazia e leggi minuziose, che spesso lasciano il tempo che trovano, aumentando solo lo stato di fatale marasma in cui operano le istituzioni pubbliche, strangolate dal blocco dei fondi imposto dall’Europa per dare più soldi alla finanza.
Si possono cambiare le cose solo rilanciando il protagonismo delle masse colpite a fondo dalla crisi, che aumenta disoccupazione e miseria, impedendo in un numero crescente di casi il soddisfacimento dei diritti più elementari, come quello ad un’abitazione degna e a tutte quelle condizioni di vita che si riassumono nell’espressione “diritto all’abitare”.
Fra queste due scuole di pensiero ha storicamente prevalso, purtroppo, la prima. Almeno in Europa. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Compreso lo spettro della guerra che ricomincia ad ossessionare l’Europa, non solo incapace di dare una vita degna a molti dei propri cittadini, ma che si traduce in un fattore di destabilizzazione internazionale, come in Ucraina, dove ha risuscitato e mandato al governo forze di aperto stampo nazista.
Sul piano delle forze politiche nazionali, pure, la situazione è sconfortante. La destra, con l’operazione Renzi, ha definitivamente conquistato il Pd, partito oramai solo nominalmente di centro-sinistra. L’opposizione dei Cinque Stelle, pur autrice di iniziative apprezzabili, dimostra il fiato corto che deriva dall’assenza di una visione e di un progetto complessivo di società, per non parlare del modello di partito che sembra una parodia del centralismo democratico di leniniana memoria. Unica speranza, il gruppo di intellettuali ed esponenti dei movimenti sociali che si sta aggregando alla lista Tsipras, su cui convergono tutti coloro che non si rassegnano a questa indecente situazione.
Roma, in particolare, si trova in una situazione difficile dopo gli anni di Alemanno, caratterizzati da sprechi, malgoverno e briglia sciolta ai privati. La ricetta di Renzi, su questo come altri fronti, può riassumersi nelle nefasta parole d’ordine dei tagli indiscriminati e della privatizzazione.
Importanza strategica vengono quindi ad assumere, anche nella nostra città, i movimenti di lotta per la casa e per l’abitare, che sono scesi in piazza anche di recente a migliaia per affermare il diritto di ogni cittadino romano (immigrati compresi) ad un’abitazione e a una vita degna, in linea con i Patti internazionali sui diritti umani e la Costituzione italiana.
E’ quindi davvero deplorevole la circostanza che i dirigenti di questi importanti movimenti, anziché ricevere il dovuto plauso delle istituzioni per costituire una delle poche forze sane in grado di opporsi al degrado sociale ed economico in atto, siano stati arrestati con accuse pretestuose e si trovino tuttora in condizioni di limitazione della libertà. Due di loro, Paolo Di Vetta e Luca Fagiano, sono in sciopero della fame per protesta contro gli arresti. Il fatto che in occasione di una delle tante manifestazioni organizzate dai movimenti si siano registrati deplorevoli incidenti, peraltro di portata limitata, con le forze dell’ordine, non può certo costituire il pretesto per privare della libertà chi tali manifestazioni ha promosse. Ciò infatti è in netto contrasto con il principio, fondamentale nel diritto penale, della responsabilità della condotta individuale.
Occorre sperare che la magistratura sappia valutare nel modo adeguato la situazione, procedendo all’immediata liberazione degli arrestati. Come pure che la questura di Roma e la Digos desistano da una linea di contrapposizione ai movimenti sociali che stride con la necessaria moderna visione della tutela di un ordine pubblico che sia compatibile con la soddisfazione dei diritti fondamentali e la protezione di chi si batte ogni giorno a questo fine.