Pessima politica, commenti troppo spesso sulla stessa linea.
Le ultime vicende del grillismo, con relative esecuzioni dei dissidenti, hanno fatto piazza pulita delle residue illusioni: la scena politica è ormai dominata da un bullo fiorentino, un ganassa brianzolo e un “malemmo” genovese (dal classico dizionario Frisoni: malemmo = smargiasso ringhioso). Renzi, il Cavaliere e Grillo sono tipi accomunati almeno da una caratteristica: sotto il loro comando c’è spazio solo per ascari e yes-men. Nell’apoteosi servilistica della vita pubblica. E il bestiario dei partiti italiani si arricchisce di sempre nuove specie predatorie e da riporto.
Attorno a Berlusconi si aggirano belve ormai appesantite dagli anni, dalle genuflessioni al capo e dalle aggressioni su commissione, ma sempre letali: la pitonessa Daniela Santanchè, la mosca tzé-tzé Daniele Capezzone (quello che non addormenta, fulmina), la mandibola da canide Crocuta (vulgo iena) di Laura Ravetto. Ai margini di questo zoo si aggirano a piede libero frotte di animali mitologici: le erinni dai capelli scarmigliati e dalla voce ululante, irreggimentate nell’esercito di Silvio. Ora scopriamo l’esistenza di un drappello di ossesse che appartiene a un’altra formazione paramilitare, quella di Beppe: e tra la vestale del disprezzo Paola Taverna e la bastonatrice a mezzo streaming Roberta Lombardi è una gara avvincente a chi riesce a essere l’amazzone più antipatica e sputaveleno.
L’avvento di Matteo Renzi ha portato sulla scena un certo numero di aspidi; soavi viperette che tra una mossetta e uno sbattito di ciglia ti piazzano la morsicatina velenosa. Le Maria Elena Boschi e le Debora Serracchiani, che coltivano perfidie dietro un aspetto angelicato. Ne sa qualcosa Fabrizio Barca, avvelenato proditoriamente con l’insinuazione carognesca che la sua rinuncia ad accettare offerte ministeriali era un modo, a dir poco cervellotico e improbabile, di candidarsi (sic!).
Sul fronte M5S le viperette sono invece di sesso maschile, viperetti. Come il cittadino onorevole “faccia d’angelo” Luigi di Maio, che con quell’aria da santarellino schizza umori maligni sui quattro espulsi dal Movimento, spiegando che sono colpevoli di terribili malefatte (non hanno versato parte dell’emolumento parlamentare, come risulterebbe – dice lui – dal sito di rendicontazione del Movimento; che purtroppo non è aggiornato dal dicembre scorso…); reati politici che saltano fuori a posteriori, solo quando i reietti hanno espresso perplessità sull’autolesionistica performance del Gran Capo nel suo streaming con il Presidente incaricato. Quando è evidente che i “malefici quattro” sono vittima di un equivoco. La cui origine consiste nel fatto che il messaggio grillesco iniziale si era mosso su due binari, seppure divergenti: il vaffa e la proposta millenaristica (in cui si mescolavano buon senso e stravaganze).
Dalle dichiarazioni smarrite dei quattro reprobi risulta evidente che avevano equivocato identificandosi e identificando M5S nella dimensione propositiva radicale. Mentre ora la Cupola G&C sceglie la linea Asimov de Il crollo della galassia centrale (anche perché il duopolio pentastellato si rende conto di non essere capace di governare i processi avviati se non in una dimensione catastrofistica). Comunque errore di valutazione che comporta l’esposizione a una sorta di processo staliniano, in cui Torquemada junior Di Battista non ha la benché minima riserva mentale nel bollarli da “nemici del popolo”. Come ai tempi di Buio a mezzogiorno, il romanzo di Arthur Koestler sulle purghe sovietiche del 1939.
Insomma, nell’attuale congiuntura politica cresce il tasso di beluinità, coniugato al servilismo nei confronti del Boss-Guru dispensatore di favori e benevolenze.
Un fenomeno su cui la vigilanza diventa a dir poco indispensabile. Purtroppo non sembra questo lo stato dell’arte del commento prevalente, mentre troppo spesso ci si lascia coinvolgere nel gioco pericoloso del parteggiare. Stare dalla parte di uno dei soggetti in questo quadro tridimensionale.
Questo avviene praticando in nuove forme quel cerchiobottismo che risulta il certificato d’origine della Seconda Repubblica (si è sbagliato… sì, però… gli altri…) e la sua Lourdes linguistica. Altrove si è rinverdito a senso alternato l’antico modello argomentativo da Corrierino dei Piccoli: “chi lo dice lo è, cento volte più di te”.
Vasta gamma di condiscendenze, che non aiutano a costruire alternative: in base a questo andazzo la Terza Repubblica si preannuncia una banale ricicciatura del peggio delle due precedenti.