Giustizia & Impunità

Tangenti Sesto: tutte le balle di Penati sulla sua prescrizione

Aveva detto: “Rinuncerò alla prescrizione”. Ora la prescrizione è arrivata e Filippo Penati l’ha acchiappata al volo. Ma senza metterci la faccia, anzi, mostrando di non volerla, di subirla come una sciagura che chissà come gli è capitata sulla testa. Per tre anni ha ripetuto: “Non la voglio”. Ora però è arrivata e non può far altro che incassarla.

Tutto comincia quando scoppia lo scandalo di Sesto San Giovanni. Una storiaccia di aree industriali ormai inutilizzate, a un passo dal confine nord di Milano, trasformate in preziose aree commerciali e residenziali. Con relativo pagamento di tangenti all’ex sindaco di Sesto, ex Stalingrado d’Italia: questo, almeno, è ciò che raccontano due imprenditori che hanno avuto a che fare con quelle aree, Giuseppe Pasini e Piero Di Caterina. Penati viene indagato e poi rinviato a giudizio per concussione: secondo l’accusa, avrebbe preteso soldi e aiuti per far andare avanti i lavori sulle aree. Mazzette milionarie, che sarebbero state pagate in Lussemburgo e in Svizzera. I fatti avvengono tra il 2000 e il 2004.

La concussione è un reato grave, con pena alta e prescrizione lontana: punisce severamente il pubblico ufficiale che costringe un imprenditore o un cittadino a pagargli una tangente o un’altra utilità. O meglio: puniva. Perché nel novembre 2012 il ministro della giustizia Paola Severino fa approvare una nuova norma che smonta come fosse di Lego una legge che funzionava benissimo. Distingue il comportamento di chi “costringe” a pagare (concussione per costrizione), da quello che lo “induce” a un comportamento illegittimo, senza pressioni o violenze (concussione per induzione). In questo caso, non solo si apre un caos interpretativo per distinguere quando finisce l’“induzione” e comincia la “costrizione”; ma le pene sono ridotte, così la prescrizione galoppa e arriva ad azzerare tanti processi. Uno di questi, quello più noto e segnalato fin da subito, è proprio quello di Penati. Ma lui giura solennemente: “Rinuncerò alla prescrizione”.

30 agosto 2011: “Ristabilire la mia onorabilità significa per me uscire da questa vicenda senza ombre e senza macchie. Se, al termine delle indagini in corso, tutto non verrà chiarito, non sarò certo io a nascondermi dietro la prescrizione. Intendo ristabilire il mio onore non certo evitando il processo, ma rispettando le regole all’interno del contesto processuale, la giustizia arriverà a ristabilire la verità”. Le indagini procedono, Penati resta nel processo e il ministro Severino avvia la sua “riforma” ammazza-concussione.

8 ottobre 2012: “Se il testo finale del disegno di legge anticorruzione avrà effetto su qualche reato, rinuncerò alla prescrizione”.

13 maggio 2013: inizia il dibattimento a Monza e Penati non si presenta in aula. “È mia intenzione essere presente in aula durante il processo. Oggi non lo sono stato perché non era necessaria la mia presenza, in quanto le questioni erano di carattere tecnico e queste erano di competenza dei miei legali”. Tra le questioni “tecniche” c’è la richiesta di prescrizione che, in assenza dell’imputato, scatta automaticamente. Penati annuncia: “Ho dato fin d’ora mandato ai miei legali di ricorrere in Cassazione al fine di ottenere lo svolgimento del processo”.

27 febbraio 2014: la sesta sezione penale della Cassazione non può far altro che stabilire che il ricorso è inammissibile e dichiarare l’estinzione del reato. Penati è prescritto: a sua insaputa.

Il Fatto Quotidiano, 1 marzo 2014