I gruppi russi e georgiani sembrano essersi espansi nel sud della Spagna, specializzandosi in attività connesse al turismo, ma anche società commerciali che permettono di mascherare i capitali ricevuti dalla madre patria. I gruppi cinesi in Italia si sono dedicati al commercio di abbigliamento e scarpe, pasticcerie, bar, ristoranti, e import-export. Mentre il denaro, ricavato soprattutto dallo sfruttamento della prostituzione e del lavoro nero, viene ripulito attraverso Money Transfer e spedito nei paradisi fiscali. Intanto Cosa Nostra, in Romania, grazie alla collaborazione di prestanome locali, si è specializzata nel settore dei casinò, dell’import-export e dei trasporti.
E’ quanto emerge dallo studio del Centro Ricerche dell’Università Cattolica di Milano, Transcrime, diretto dal professor Ernesto Savona. Obiettivo di questo nuovo progetto di ricerca, di cui sono stati presentati solo i primi risultati di fronte, fra gli altri, al Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, è individuare dove e come investono le mafie in Europa, per quali ragioni e attraverso quali vulnerabilità normative. Per rispondere a queste domande è stato necessario elaborare una serie di mappe sulla presenza e sulle attività mafiose in Europa che, visti i diversi gradi di percezione del problema da Stato a Stato, costituiscono una novità e una prima fonte di conoscenza.
Lo studio spiega anche che sempre maggior successo stanno conquistand in Europa le gang, vale a dire gruppi criminali più fluidi, meno gerarchizzati e legati al territorio, che reimpiegano i proventi criminali nelle attività di security, nelle imprese di pulizia, nei negozi di tatuaggi e nei sexy shops. Restano poi le mafie africane – spiegano i ricercatori – per il momento non sono state prese in considerazione per la frammentarietà dei dati disponibili.
In generale, i settori d’investimento preferiti dalla criminalità si sono confermati quelli ad alta intensità lavorativa e basso livello tecnologico, come l’edilizia e la ristorazione, ma allo stesso tempo hanno visto un’impennata nuovi business ad alto know how criminale, come il il commercio di prodotti alimentari per le mafie italiane o il traffico di medicinali contraffatti.
Lo studio è stato condotto su 400 casi di investimento in Europa e fonti aperte (casi giudiziari, rapporti di forze dell’ordine, statistiche sui beni confiscati e articoli di giornale) e lamenta una disomogeneità di informazioni fra i diversi Paesi. Savona rivendica la scientificità delle stime raccolte: “Parlare di un fatturato delle mafie in Italia di 170 miliardi, corrispondente al 10.6 percento del Pil, senza dire come sono stati raccolti questi dati, è altamente diseducativo. Non serve pompare le cifre per attirare l’attenzione sul problema. Al contrario. Noi italiani ci facciamo del male. E le stime elaborate da Transcrime nel precedente studio sull’Italia, che ‘limitavano’ i ricavi delle mafie a 10,6 miliardi di euro, pari allo 0,7 percento del Pil, sono state riprese dal rapporto Garofali, presentato al governo Letta”.
Anche il business criminale varca i confini. In Finlandia il traffico di eroina è in mano soprattutto ai gruppi estoni, lituani e alle gang locali. In Germania, oltre alle mafie italiane, operano i turchi, gli albanesi e perfino i vietnamiti, mentre nel Regno Unito, principale mercato europeo dell’eroina , dove le mafie ricavano 2300 milioni di euro, ai clan turchi e a quelli dell’est europeo si affiancano i pakistani.
Due le caratteristiche che alla fine emergono da questo studio: da una parte la fluidità di alcuni gruppi criminali che in Europa rinunciano al controllo del territorio, in favore di alleanze, stipulate con altri gruppi, per massimizzare il business criminale su una pluralità di mercati illegali e utilizzando gli stessi canali. Dall’altro, il ruolo sempre più importante giocato dagli investimenti nell’economia legale. Da questo punto di vista, Italia, Spagna, Germania e Regno Unito si presentano come i maggiori teatri d’azione. Sia per le mafie italiane che per quelle straniere.