Quella che era considerata uno degli astri nascenti della new economy, spolpata negli ultimi dieci anni dagli ex soci, vale ora appena 27 milioni contro i 23 miliardi del 2000. Il presidente promette di portare avanti un'azione risarcitoria, a partire da Gros Pietro
“Forse per la stampa delle Pagine Gialle sarebbe stato meglio usare la carta igienica, visto quanto vale la società”. Appena 27 milioni contro i 23 miliardi del 2000. E’ una delle battute circolate durante l’assemblea dei soci Seat che hanno dato il via libera all’azione di responsabilità da 2,4 miliardi contro ex vertici e consiglieri di quella che, quattordici anni fa, era considerata uno degli astri nascenti della new economy. Una società sulla quale aveva puntato molto il popolo dei piccoli risparmiatori “cassettisti”, convinti che investire nelle azioni dell’ex monopolista pubblico degli elenchi telefonici fosse una scelta con un rischio contenuto.
E invece le cose sono andate diversamente: “Questa società viene fuori da dieci anni di declino, disastri finanziari, previsioni sbagliate”, ha spiegato il presidente, Guido De Vivo, a margine dell’assemblea. “Ci sono miliardi di danni, ma non recupereremo tutto, valuteremo caso per caso stimando la gravità dei comportamenti ed anche l’eventuale convenienza”. Il presidente di Seat ha poi promesso di portare avanti l’azione risarcitoria dando priorità alle posizioni che rischiano la prescrizione. Come, ad esempio, quella del vicepresidente di banca Intesa, Gian Maria Gros Pietro, che si è preoccupato di far arrivare in assemblea una lettera per difendere l’acquisizione e la successiva veloce vendita in perdita (per 80 milioni) della società Wer Liefert Was, una delle quattro operazioni contestate alla vecchia gestione Seat.
Nella missiva, Gros Pietro, per cui la prescrizione scatterà l’8 aprile, ha definito “infondata e ingiustamente dannosa” un’azione di responsabilità dal momento che gli amministratori hanno “agito con diligenza, nell’ambito delle condizioni e delle conoscenze del momento”. E, oltre a difendere se stesso, ha spezzato una lancia a favore dell’ex presiedente Enrico Giliberti e l’ex ad Luca Majocchi, oltre dei membri del comitato per il controllo interno Lino Benassi e Marco Lucchini e dei consiglieri indicati dai fondi Cvc, Permira, Investitori Associati e Bc Partners (Antonio Belloni, Dario Cossutta, Carmine Di Palo, Luigi Lanari, Michele Marini, Pietro Giovanni Masera, Nicola Volpi, Antonio Tazartes, Maurizio Dallocchio, Alberto Giussani e gli eredi Cappellini).
Ma i soci hanno voluto sentire ragioni. Erano furiosi perché nella precedente assemblea ordinaria hanno visto praticamente azzerarsi i loro investimenti dando l’ok a un aumento di capitale da 19,8 milioni a favore di creditori e obbligazionisti. La ricapitalizzazione diluirà, infatti, gli attuali soci fino allo 0,25% del capitale e lascerà spazio alla banca creditrice Royal bank of Scotland, destinata a diventare il primo socio con il 45,1%, e agli attuali obbligazionisti (54,65 per cento). Quanto invece al futuro del gruppo, la parola sul concordato, che si spera possa garantire gli oltre 5mila lavoratori Seat (di cui 2.500 in Italia), passa ora all’assemblea dei creditori che si riunirà il 15 luglio. E se tutto filerà liscio, l’omologa arriverà a settembre con l’obiettivo di chiudere entro gennaio 2015 l’intera operazione di ristrutturazione della società spolpata negli anni dagli ex soci.
Intanto l’azione di responsabilità farà il suo corso. E potrebbe anche non essere un caso isolato: mercoledì a Siena la Fondazione Mps deve decidere se procedere contro i suoi ex vertici e 13 banche per le operazioni finanziarie condotte nel triennio 2008-2011. Operazioni che, secondo il parere legale richiesto dalla presidente Antonella Mansi, avrebbero danneggiato irrimediabilmente il patrimonio dell’ente.
Aggiornamento
Il Tribunale penale di Torino il 18 giugno 2020 ha assolto Luca Majocchi dal reato contestatogli perché il fatto non sussiste.