Per mettere in salvo la seconda volta la compagnia, 75 milioni sono arrivati dalle Poste, mentre l'Enav ha sborsato 61 milioni di incentivi pubblici al settore aereo. E se la rimodulazione dei contratti non andrà a buon fine, peseranno sulle casse pubbliche altri 128 milioni
“Fino ad oggi nessuna risorsa pubblica è stata destinata dallo Stato e quindi dal governo nelle trattative e nelle questioni riguardanti Alitalia ed Etihad“. Parola del ministro dei trasporti Maurizio Lupi che risponde al question time alla Camera dei deputati e annuncia la chiusura della trattativa con il nuovo socio arabo per la fine di marzo. Eppure, secondo una prima stima che potrebbe variare in funzione dell’esito della trattativa sindacale ancora in corso, lo Stato potrebbe arrivare a sborsare, in diverse modalità, una cifra vicina ai 210 milioni di euro.
Denaro essenziale per consentire il secondo salvataggio dell’Alitalia. E naturalmente della cordata di patrioti che entrarono nel capitale della società nel 2008 sostenuti dall’allora premier Silvio Berlusconi con un’operazione costata ai cittadini circa 5 miliardi di euro. Per mettere in sicurezza la compagnia, la prima infornata di soldi pubblici è arrivata via Poste Italiane. La società, interamente controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze, ha messo sul piatto 75 milioni in nome di potenziali sinergie con il suo vettore aereo, Mistral air. L’operazione è tuttavia al vaglio di Bruxelles che vuole scongiurare aiuti di Stato mascherati capaci di alterare il libero gioco di mercato.
Sessantuno milioni di incentivi pubblici al settore aereo sono poi arrivati dalle casse dell’Enav in tre tranches. In primo luogo, il governo Letta ha tagliato tra il 20 e il 27% le tariffe 2014 dell’ente pubblico addetto al controllo del traffico aereo civile per tutte le compagnie aree. L’iniziativa finalizzata a sostenere un settore fortemente in crisi è stata finanziata con “l’uso di risorse interne per oltre 24 milioni di euro” come spiega la nota ufficiale dell’Enav che omette di dire però come Alitalia sia uno dei maggiori beneficiari dell’operazione. In secondo luogo, il decreto legge Destinazione Italia ha anche deciso che le indennità di volo non concorreranno per il 2014 alla formazione del reddito ai fini contributivi. Un netto risparmio per le compagnie aeree senza danno per i lavoratori che otterranno comunque la copertura ai fini pensionistici grazie a 28 milioni di fondi Enav.
Lo stesso decreto ha abolito anche l’addizionale comunale e quella commissariale per Roma Capitale su Fiumicino e Ciampino per i voli nazionali su cui Alitalia è leader. “Alle minori entrate derivanti dalla eliminazione delle addizionali per 9 milioni dei euro annui, si provvede mediante corrispondente riduzione dei trasferimenti correnti da parte dello Stato all’Ente nazionale per l’aviazione civile” spiega il decreto trasformato in legge lo scorso 22 febbraio.
Infine ci sono gli ammortizzatori sociali. La società ha annunciato che dei 295 milioni di risparmi previsti dal piano industriale, 128 milioni arriveranno dai tagli del costo del lavoro. Di questa cifra, secondo fonti sindacali, circa 80 milioni saranno realizzati sfruttando i contratti di solidarietà e la cassa integrazione che interesseranno 2.300 dipendenti. Il resto dovrebbe arrivare da un una rimodulazione dei contratti che è ancora tutta in discussione. In caso di esito negativo di quest’ultima trattativa, nulla esclude quindi che tutti i 128 milioni finiscano per pesare sulle casse pubbliche. Se così dovesse essere allora, a conti fatti, lo Stato potrebbe arrivare a sborsare circa la metà del denaro complessivamente necessario ad evitare il crac della compagnia.