Ha confessato di aver sgozzato la donna per paura che raccontasse le sue avance alla moglie. E di aver ucciso il piccolo di tre anni e mezzo perché si era trasformato in un testimone scomodo. Dopo un lungo interrogatorio, Victor Hugo Menjivar, un salvadoregno di 36 anni, è stato fermato per l’omicidio di Libanny Meja Lopez, 29 anni e originaria di Santo Domingo e il figlio Leandro di tre anni e mezzo. L’uomo è un amico di famiglia della vittima che martedì sera è stato portato in Questura e davanti al procuratore aggiunto Alberto Nobili e al pm Gianluca Prisco si è autoaccusato del duplice omicidio. Entrambe le vittime sono state sgozzate, intorno alle 22 di lunedì, nell’appartamento della ragazza in via Segneri 4, zona Lorenteggio, alla periferia sud-ovest di Milano. I corpi sono stati ritrovati dalla madre della ragazza martedì pomeriggio. Estraneo al duplice omicidio, invece, il compagno della 29enne e papà del piccolo, che ieri era stato sentito in Questura.
Stando a quanto ricostruito, il salvadoregno, amico della donna, sposato e con un altro figlio in arrivo, era andato a cena lunedì scorso a casa di lei portando anche suo figlio che giocava spesso con il bimbo della dominicana. La donna era anche amica della moglie del fermato.
Dopo aver mangiato e bevuto, e mentre i bimbi erano in un’altra stanza, l’uomo ha iniziato a tentare un approccio sessuale con lei, ma è stato respinto. Ha insistito a lungo e all’ennesimo rifiuto ha preso un coltello con una lama di 15 centimetri dalla cucina. La donna ha cercato di salvarsi la vita offrendosi a lui, ma l’uomo – che ha detto agli inquirenti di aver perso la testa e di aver bevuto molto – l’ha sgozzata perché a quel punto era terrorizzato dall’idea che la ragazza potesse raccontare tutto alla moglie incinta. Ha cercato poi di nascondere il cadavere dietro al divano per non farlo vedere ai bambini, che intanto avevano sentito le urla. Poi la decisione di sgozzare anche il figlio di lei.
Perché il piccolo Leandro, di tre anni e mezzo, era diventato un testimone scomodo. Dopo il duplice omicidio, il salvadoregno – che nel fine settimana lavora come barista in un bar-discoteca – ha preso per mano il figlio di 5 anni ed è tornato nell’appartamento dove vive, a pochi passi dalla casa delle vittime, condiviso con un’altra coppia di salvadoregni. L’uomo ha subito messo gli abiti che indossava, un paio di jeans e una maglietta, in lavatrice ma un cavatappi che aveva dimenticato in tasca dei pantaloni dal fine settimana precedente ha prodotto molto rumore durante le fasi di lavaggio. Particolare che è rimasto impresso ai coinquilini ed è stato utile alla polizia per chiarire i movimenti dell’omicida. All’alba l’uomo ha preso la bicicletta e ha cercato di sbarazzarsi le prove del duplice delitto. Ha gettato in un cassonetto della spazzatura poco lontano da casa gli abiti ancora umidi e in un’altro cassonetto le sue scarpe ancora sporche di sangue e il portafoglio della vittima. Fermato dalla polizia e portato in Questura, l’uomo in un primo momento ha cercato di negare tutto, poi è stato convinto dal procuratore aggiunto Alberto Nobili e dal sostituto Gianluca Prisco a collaborare e ha aiutato gli inquirenti a trovare le prove che aveva disseminato per il quartiere e l’arma del delitto, che aveva nascosto in un’aiula a poca distanza dalla casa delle vittime. Agli inquirenti, ha spiegato il vice capo della Squadra Mobile di Milano Serena Ferrari.
I pm hanno chiesto la convalida del fermo e la custodia cautelare in carcere con le accuse di duplice omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili e dal fatto che il secondo omicidio, quello del bimbo, è stato commesso per cercare di sfuggire alle responsabilità per il primo. Ora spetterà al gip interrogare il fermato, probabilmente domani, e decidere sulla convalida e la misura cautelare.