Nella tv del servizio pubblico si parla poco di criminalità organizzata e quando se ne parla lo si fa per raccontare fatti di cronaca o di commemorazioni. Non ci sono più programmi come Linea diretta, Tg2 Dossier, Samarcanda. Sono solo alcuni esempi di tv dimenticata in occasione dei 60 anni della Rai. Saviano, su Repubblica, ha dato lo spunto per un approfondimento chiedendo a Renzi che la mafia non rappresenti solamente un “tema morale, etico legato unicamente alla legalità in senso astratto”.
Gli affari della criminalità organizzata superano il 10% del Pil: 170 miliardi di euro, sottratti alle persone che vivono onestamente, a chi ha perso il lavoro, e su quei soldi si infrangono i sogni dei nostri giovani. Saviano chiede che si affronti il problema della legalità anche sotto il profilo economico, con leggi adeguate che impediscano il riciclaggio di denaro sporco e le infiltrazioni negli appalti grazie a società del Nord e la protezione di una classe politica corrotta.
La risposta di Superman Renzi (segretario del Pd, presidente del Consiglio, ciclista, podista, scrittore, è in libreria con un nuovo libro) è stata immediata. Sulle promesse il premier è imbattibile: ha diviso in cinque punti l’azione che il governo deve intraprendere per fermare la “Mafia Spa“, ma la risposta è inadeguata, sa di tesina scolastica insufficiente, con un unico obiettivo: prendere tempo come chi, nel recente passato, aveva promesso di sconfiggere mafia e cancro nel giro di pochi anni.
Il paese come diceva Sciascia, non ha bisogno di “quaquaraquà”. Sono tra quelli che pensano che Renzi debba essere lasciato lavorare prima di essere giudicato, ma se il buongiorno si vede dal mattino (aumento della tassa sulla casa, Gentile e c.), tempesta all’orizzonte. Il premier e il ministro della Giustizia Orlando, blindato da due berlusconiani doc: Ferri e Costa, e in confusione visto che sull’azione di governo la lotta alla criminalità organizzata è relegata al penultimo posto (superata per la maglia nera solo dalla riforma del sistema radio-tv), avrebbero dovuto prendere un volo per Palermo per stringere la mano a Nino Di Matteo e ai suoi colleghi pm che, contro tutto e tutti, rischiando la vita, colpiti quotidianamente da giornalisti infami e da politici meschini, stanno portando avanti il processo sulla trattativa Stato-mafia; poi in auto verso la provincia di Agrigento a stringere la mano al galantuomo Ignazio Cutrò, testimone di giustizia. Per far questo non bisogna essere Superman, ma avere semplicemente le palle.
Dal Fatto Quotidiano del 5 marzo 2014