Il Comune ha approvato un'ordinanza contro la proliferazione del gioco d'azzardo nei bar della città. Multati i gestori che non si sono adeguati e quelli che hanno fatto ricorso al Tar hanno perso. L'assessore alle politiche sociali: "Operazione di riduzione del rischio ludopatia"
Le ultime cinque macchinette se ne stanno sole e nell’angolo, condannate a esalare le vincite finali. Quattordici mesi a fregarsene dei ricorsi e il comune di Bolzano ha vinto la sua battaglia. Nel dicembre del 2012 la giunta guidata da Luigi Spagnolli, tra le proteste dei commercianti, ha approvato un’ordinanza contro la proliferazione del gioco d’azzardo nei bar della città. Oggi nei locali rimangono una manciata appena di slot machine. A breve, sostiene la polizia municipale, spariranno anche queste. Ai commercianti rimangono i contenziosi davanti al Tar, oppure al giudice di pace. Una strada che in questi mesi è stata battuta più volte, ma che si è rivelata senza sbocchi.
“Non abbiamo fatto altro che applicare una legge provinciale – spiega l’assessore alle politiche sociali Mauro Randi – Non siamo contro il gioco e sappiamo bene che chi vuole rovinarsi ha, purtroppo, altri modi per farlo. Ma nel nostro agire dobbiamo tutelare le fasce più deboli della popolazione, quelle più a rischio. Ed è quello che abbiamo fatto”. La provincia autonoma di Bolzano aveva approvato un provvedimento che impone la rimozione delle macchinette mangiasoldi dai locali pubblici che distano meno di 300 metri da un luogo sensibile, scuole e centri di aggregazione. In una città da oltre 100 mila abitanti gli esercizi sono 250, 214 dei quali guadagnavano grazie all’azzardo legalizzato. Lo scorso novembre ancora 86 avevano le slot. Ora si va verso quota zero.
Poco più di un anno fa l’amministrazione comunale ha inviato a tutti i gestori una lettera per spiegare che, in conformità con la nuova norma, bisognava levare le macchinette. Il resto spettava ai vigili, che sarebbero andati in giro a verificare e avrebbero provveduto a multare chi non si adeguava. Erano avvertiti. “Abbiamo avvisato tutti che avremmo fatto sul serio e siamo partiti con i controlli a tappeto - racconta Randi - Qualcuno ha acconsentito subito, anzi ci ha dato ragione perché si era reso conto che molti suoi clienti erano entrati in brutto giro. Altri hanno accolto la nostra iniziativa a malincuore: per molti gestori le slot rappresentano una voce di entrata significativa, magari con quei soldi pagano l’affitto. Altri, infine, non ci volevano stare e allora sono stati multati”.
C’è chi ha pagato una sanzione da 184 euro, chi ne ha collezionate fino a dieci, per un totale di 60 mila euro di incassi per il Comune (i dati sono della polizia municipale). I più irriducibili sono ricorsi al Tar, che però ha sempre dato ragione all’amministrazione locale. “Abbiamo subito delle class action portate avanti da gruppi di gestori che si sono associati. Credo che dietro queste campagne ci fossero gruppi di interesse nazionale, lobby dell’azzardo preoccupate”. A preoccupare i politici locali erano invece i dati in arrivo dal Sert di Bolzano: se nel 2010 appena 40 persone si erano rivolte al servizio ammettendo di essere ludopatici, due anni dopo erano già 90. E ci sono tutti i motivi di ritenere che i giocatori compulsivi siano molti di più perché “il riconoscimento della patologia è un processo che può durare anni”. “Attorno a questi cittadini c’è il disastro - commenta l’assessore ai servizi sociali -. Nei guai finiscono anche la famiglia e gli amici: è una situazione che coinvolge tutti. Ma non ci sono solo le slot: sa quante persone vedo con le mani indorate dalla polvere del gratta e vinci? Spesso sono donne e in questo caso non c’è neanche il freno dello stigma della comunità”.
L’ordinanza di Bolzano riguarda solo i bar, che aprono grazie alle concessioni dell’ente locale. Ma ad esempio nei tabacchini, di competenza statale, si continua a giocare. “Noi facciamo quello che possiamo e ci spiace se i commercianti si sentono discriminati. Abbiamo fatto un’operazione di riduzione del rischio“, osserva Randi. Stesso discorso per le sale giochi, che in città continuano a aprire. Ora sono 21 ed è facile ipotizzare che abbiamo guadagnato da questa situazione. Secondo un’indagine del mensile Wired, Bolzano è la quarta città in Italia per numero di mini casinò dopo Trento, Piacenza e Terni. Anche gli altri comuni della provincia si sono mossi. Multe sono fioccate a Merano e Bressanone, mentre nelle realtà più piccole “la situazione è affrontata in modo diverso perché il controllo sociale segue altre regole”. “Di questi tempi abbiamo tutti bisogno di portare a casa soldi - conclude Randi - La provincia di Bolzano garantisce ogni mese sessanta milioni di euro ai Monopoli, nel complesso sono miliardi che entrano in cassa ogni anno. Ma non è questo il calcolo che va fatto: quegli euro finiscono lì e non nei consumi, non aiutano l’economia del territorio. Non fanno scattare il circolo virtuoso che è necessario per ripartire. Lo Stato, oggi, questi aspetti non li valuta. Un buon amministratore sì”.