I dipendenti dell'azienda di Castelfiorentino (Fi), dichiarata fallita nel 2013, si sono trovati di fronte a un bivio: essere licenziati o rischiare di dover restituire di tasca propria i soldi ottenuti a titolo di anticipo. Ma grazie all'interesse di un'altra società il rinnovo della cig è stato firmato senza condizioni
Essere licenziati o firmare una liberatoria per almeno sperare nella proroga della cassa integrazione con il rischio però di dover restituire di tasca propria i soldi ottenuti a titolo di anticipo nel caso in cui il ministero avesse poi bocciato la richiesta. Questo il bivio che si sono trovati di fronte nei giorni scorsi i 130 dipendenti della Shelbox di Castelfiorentino (Fi), azienda produttrice di case mobili e prefabbricati dichiarata fallita nel marzo 2013. La svolta è arrivata soltanto lunedì 3 marzo, a 48 ore dalla possibile apertura delle procedure di mobilità. L’azienda Di Lauro Consulting ha infatti manifestato alla curatela fallimentare il proprio interesse a utilizzare macchinari e personale Shelbox per la produzione di prefabbricati destinati al mercato del Sudamerica.
Il passo dell’ingegner Marco Di Lauro ha così convinto il tribunale fallimentare a rivedere la propria posizione iniziale: la richiesta al ministero di una proroga di sei mesi della cassa integrazione straordinaria è così avvenuta senza che i lavoratori siano stati costretti a firmare alcuna liberatoria. Gli operai, in cassa integrazione da oltre un anno, hanno così potuto tirare un grande sospiro di sollievo. Nei giorni scorsi però la tensione è stata alta. Il tribunale di Firenze si era infatti detto favorevole a chiedere la proroga della cassa integrazione ma aveva vincolato il via libera a una liberatoria: gli operai si sarebbero cioè dovuti impegnare a non rivalersi nei confronti della curatela nel caso in cui la richiesta di proroga fosse stata successivamente bocciata dal ministero. I dipendenti si sono sempre dichiarati indisponibili ad accettare la proposta del giudice delegato Silvia Governatori.
“Non siamo disposti a firmare non è giusto che il carico delle incertezze sia sempre addossato sui lavoratori”. Perché il giudice avrebbe dovuto temere uno stop da Roma? Secondo i sindacalisti si è temuto (“visto il clima di generale d’incertezza”) un cambiamento in corso della normativa o una sua diversa interpretazione. La bocciatura del ministero avrebbe generato un importante contraccolpo per le tasche dei lavoratori. Visto che per esaminare la richiesta di proroga – spiegano i sindacalisti - sarebbero serviti intorno ai quattro mesi gli operai si sarebbero rivolti a Fidi Toscana per ottenere degli anticipi: le risorse sarebbero poi state restituite alla finanziaria regionale una volta effettivamente ricevuti i soldi della cassa integrazione. Se il ministero non avesse però alla fine prorogato gli ammortizzatori sociali i lavoratori avrebbero dovuto restituire di tasca propria i soldi ricevuti.
Oltre al danno – evidenzia la rsu Fiom Maurizio Garofano - sarebbe inoltre arrivata la beffa “visto che la mobilità non è retroattiva”. E’ proprio per questi motivi che i lavoratori avevano bollato come “ricatto” la richiesta di liberatoria. Massimo Simoncini della Fiom aveva inoltre sottolineato come l’eventuale firma avrebbe creato un “pericoloso” precedente: “Ogni qualvolta si presentassero le condizioni per chiedere la cassa integrazione verrebbero chieste garanzie che ricadrebbero sugli stessi lavoratori”. Anche il sindaco di Castelfiorentino Giovanni Occhipinti si era schierato al fianco dei lavoratori definendo “assurda” la richiesta del tribunale. Stesso ritornello da parte di Simoncini.
La richiesta di liberatoria aveva inoltre scatenato nei giorni scorsi la rabbia degli operai tanto che una delegazione di questi aveva occupato simbolicamente la sede del Comune. I lavoratori, in presidio permanente dal marzo 2013, non hanno mai smesso di sperare e in questi mesi hanno organizzato cortei e persino una fiaccolata. Lo scorso gennaio una delegazione di loro si era anche diretta in piazza San Pietro a Roma per incontrare Papa Francesco: il caso Shelbox è così stato alla fine citato durante l’omelia del Pontefice. Il presidente della Provincia di Firenze Andrea Barducci e il sindaco Occhipinti ora possono tirare un sospiro di sollievo: “Adesso possiamo lavorare con più tranquillità e con un po’ più di ottimismo sulla manifestazione di interesse che è stata presentata e sulle ricadute occupazionali che si potranno generare”.