“Io sono uno stupido che ci gioca e ammetto di essere un po’ malato. Però lo Stato non si può approfittare della debolezza delle persone”. Amare riflessioni di un giocatore d’azzardo. Uno dei tanti che a Pavia passa le notti di fronte allo schermo di una slot machine. La città lombarda detiene il triste record di macchine per numero di abitanti. “Tra un po’ le mettono anche in chiesa”, si lamentano gli stessi giocatori mentre continuano a infilare monete e banconote. E c’è chi si rovina del tutto: “Il governo prende la sua tangente, se poi ti butti sotto a un treno non gli frega niente”. Un dramma che diventa realtà nelle parole di chi ha cercato più volte di vincere la dipendenza. “Non ce la facevo più, così ho deciso di buttarmi da un ponte“, racconta un padre di famiglia, alle spalle anni di ludopatia, di bugie, di risparmi bruciati. Con la garanzia dell’anonimato, ha deciso di confessare il suo inferno: “Cosa mi ha impedito di buttarmi? L’amore per mio figlio”. Accanto a lui la moglie, piena di rabbia: “Ho dovuto rinunciare a una seconda maternità. Ce l’ho con lui, ma anche con lo Stato: perché permette che le famiglie si riducano così?”. Oggi la coppia ha deciso di affidarsi alla comunità Casa del Giovane di Pavia, che organizza gruppi di sostegno per combattere quella che è a tutti gli effetti una piaga sociale. “Arrivano da noi che si sono giocati tutto, affetti compresi”, spiega Simone Feder, psicologo e responsabile per le dipendenze. E attacca: “Le slot rovinano la gente e minano l’economia del territorio: vergognoso che i governi non abbiano ancora legiferato su questo allarme” di Eleonora Bianchini e Franz Baraggino
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