Il parlamento della Crimea di Simferopoli ha deciso: sì all’annessione alla Federazione russa. Il voto da parte dei parlamentari della regione autonoma ucraina per sganciarsi da Kiev e passare sotto il controllo di Mosca è stato unanime. Nella stessa seduta il parlamento ha formalizzato la convocazione del referendum che dovrà confermare o meno la decisione. La consultazione, fissata per il 16 marzo, chiederà quindi ai cittadini della Crimea (in maggioranza russi e russofili) se vogliono continuare a far parte dell’Ucraina o passare sotto l’ala russa. E l’esito appare già scontato. La scelta della regione orientale ucraina di indire questa consultazione è destinato ad aumentare le già crescenti tensioniche da settimane scuotono il Paese. Intanto i Paesi europei si riuniscono a Bruxelles per un vertice straordinario: “L’Unione ha importanti relazioni con Ucraina e Federazione russa ed è pronta a impegnarsi in un dialogo franco e aperto con loro” – si legge nella dichiarazione congiunta dei capi di Stato e di governo dei Paesi dell’Ue – Perseguiremo questi obiettivi usando tutti i canali disponibili e chiederemo ai rappresentanti Ue di intraprendere tutte le iniziative necessarie”.
La “presa” dei media
Secondo l’agenzia Interfax uomini armati hanno occupato la stazione di trasmissione radio e tv di Simferopoli, in Crimea: “Uomini armati – si legge – e rappresentanti di compagnie radio e televisive russe sono entrati nella Stazione alle 10 del 6 marzo. Hanno illegalmente fermato la trasmissione di Canale 5 e Canale 1+1 e acceso il segnale della tv Rossiya 24 verso una rete di trasmettitori (…) e stanno facendo tentativi illegali di avviare altri canali russi”. Anche la frequenza della tv Chernomorskaya, seconda emittente della Crimea, è stata oscurata, al suo posto vengono trasmesse le immagini della televisione All News Russia 24. Intanto i servizi segreti ucraini (Sbu) hanno arrestato Pavel Gubarev, l’autoproclamato governatore filorusso di Donetsk, nella russofona Ucraina orientale. Lo fa sapere l’agenzia Unian. Decine tra miliziani e volontari cosacchi russi presidiano la tv Krim (Crimea, ndr) dopo l’assalto alla sede dell’emittente avvenuto nel tardo pomeriggio di oggi a Simferopoli. Lo ha constatato l’inviato dell’Ansa. Il ripetitore dell’emittente ha sede su una collina che domina la città.
Le reazioni. Obama: “Referendum illegale”. Fabius: “A rischio la pace mondiale”
Mosca guarda con attenzione gli sviluppi politici della regione e per questo si è riunito il Consiglio di sicurezza nazionale russo per monitorare la situazione. Mentre il primo ministro ucraino Arseni Iatseniuk ha dichiarato che “il referendum è illegittimo. La Crimea – ha aggiunto – è e resterà Ucraina”. Una posizione condivisa anche dal presidente Usa Barack Obama che ha definito “illegale” qualsiasi referendum che proponga di smembrare l’Ucraina. La giustizia ucraina ha intanto già emesso mandati d’arresto per il premier e per il presidente del parlamento (Rada) della Crimea, Serghii Aksionov e Vladimir Kostantivov per lo strappo consumato oggi. L’Ucraina ha poi lanciato un’accusa pesante. Il portavoce del ministero degli Esteri di Kiev, Ievghen Perebiinis, ha accusato il parlamento russo di essersi “coordinato” con il parlamento della Crimea per decidere di far svolgere il referendum.
La volontà della Crimea di aderire alla Federazione russa viene guardato con apprensione anche dall’Europa. Netta la presa di posizione del presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy: “La convocazione del referendum è illegale”. Mentre il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius ha lanciato l’allarme: “Se una regione qualsiasi di un qualsiasi Paese decide, in contraddizione con la sua Costituzione, di unirsi a un altro Paese che lo ha incoraggiato a farlo, vuole dire che non c’è più la pace internazionale, né frontiere certe”. Simile il pensiero del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi: “I rischi geopolitici legati alla crisi in Ucraina “sono notevoli e potrebbero generare conseguenze imprevedibili”.
Sanzioni Europa-Usa contro ex leader ucraini
Intanto sia l’Europa che gli Stati Uniti hanno adottato aspre misure contro gli esponenti dell’apparato di potere dell’ex presidente Viktor Yanukovich. L’Unione europea ha ufficialmente congelato i beni del deposto presidente ucraino e di altre 17 personalità legate al governo caduto dopo la rivolta di piazza Maidan. La decisione dell’Ue è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale europea. Tra i patrimoni colpiti, anche quello del figlio dell’ex leader, Aleksandr. Nella lista figurano anche l’ex capo dei servizi di sicurezza Alexander Yakymenko, l’ex ministro dell’internoVitali Zakharchenko, l’ex procuratore generale Viktor Pshonka, e l’ex ministro della giustizia Olena Lukash. Le sanzioni, relative ai beni personali attribuite a queste persone, resteranno in vigore per 12 mesi. Mentre Washington imporrà restrizioni sui visti a funzionari e singoli ucraini e russi che si sono macchiati di abuso di diritti umani. “La misura riguarda chi è responsabile o complice delle minacce alla sovranità e integrità territoriale dell’Ucraina”. La Casa Bianca ha inoltre precisato che potrebbero essere prese ulteriori misure se la situazione dovesse precipitare.
Nato: “Più grave minaccia dalla fine della Guerra Fredda”
Sul fronte militare gli sviluppi della crisi ucraina vengono monitorati costantemente. La Nato “è dalla parte della sovranità e dell’unità territoriale dell’Ucraina” e questa crisi “non riguarda solo l’Ucraina” ma “ha gravi implicazioni per la sicurezza e la stabilità dell’intera area euro-atlantica”. Lo ha detto il segretario generale, Anders Fogh Rasmussen, dopo l’incontro con il premier ucraino Iatseniuk. “Stiamo chiaramente affrontando la più grave minaccia alla sicurezza dalla fine della Guerra Fredda“, ha affermato, ribadendo che la Nato “sta intensificando” i rapporti con Kiev. Intanto l’apparato militare degli Stati Uniti si è messo in moto per affrontare qualsiasi sviluppo. Un cacciatorpediniere lancia-missili americano, il Truxton, è in rotta da oggi dalla Grecia verso il Mar Nero, con un equipaggio di circa 300 marinai, ma si tratta di una missione decisa da diverso tempo, prima che iniziasse la crisi in Ucraina, secondo quanto hanno reso noto fonti militari Usa. L’unità ha in programma attività di addestramento con le forze navali romene e bulgare, per un arco di tempo non precisato, ha reso noto la US Navy, aggiungendo che “le operazioni della Uss Truxtun erano programmate sin dalla sua partenza dagli Stati Uniti”. Mentre sei jet e due aerei cisterna statunitensi sono arrivati in Lituania dopo che gli Stati Uniti hanno deciso di rafforzare la missione ‘Baltic air policing’ della Nato nei tre Paesi baltici. Lo ha fatto sapere il ministero della Difesa lituano, precisando che gli F-15C Eagles sono stati dispiegati dalla base Raf Lakenheath nel Regno Unito e si uniranno agli altri quattro caccia che pattugliano lo spazio aereo di Lituania, Lettonia ed Estonia.