Al netto di un sistema distorto e farraginoso, coadiuvato da una macchina burocratica che ha volutamente evaso qualsivoglia forma di tagliando, ecco che l’unico strumento possibile cui ognuno di noi ha modo di ricorrere è la persuasione: già perché la Siae non vi restituirà neanche 1 euro di quanto avete lei inopportunamente versato, tanto meno sarà mai possibile intentare una class action contro la stessa: sia perché il regime di monopolio in cui opera non permette “alternative” da prendere a riferimento, sia perché – e qui sta l’ennesima follia – che lo si voglia o meno ogni servizio che la Siae eroga lo eroga ‘su richiesta’: e una volta messo in moto il meccanismo, ecco che la frittata è fatta. E sentitevi pure in colpa per la carta sprecata e per le querce abbattute.
L’unico, ripeto, l’unico modo che ognuno di noi ha di incidere sullo status quo è convincere quante più persone possibili a disiscriversi: contando che il 70% dei circa 90,000 associati – al netto dei versamenti dovuti – non rientra delle spese e neanche riesce a guadagnare qualcosa con i proventi derivanti dalle opere depositate. Ne emerge quindi il paradosso che a mandare avanti la baracca (una baracca platinata) sono gli stessi che non solo non riescono a vivere della loro musica ma che neanche sono (o si sentono “idealmente”) rappresentati da quel terzo che avanza: costituito neanche a dirlo dai soliti squali e squaletti che hanno tutto l’interesse nel mantenere la situazione invariata. ll solo fatto che a presiedere la Siae sia stato chiamato Gino Paoli la dice più che lunga e ha il sapore dell’incoronamento più che della nomina aziendale: la chiusura perfetta di un cerchio che non ha mai trovato la quadra. Questo è, a tutti gli effetti, un comunicato politico: più che un’incitazione, preferisco vederla come una chiamata alle armi. Non bastano gli articoli e non sarà l’ennesima puntuale osservazione a cambiare la realtà delle cose: qui si rende necessario un primo, grande, collettivo evento nazionale “esente-Siae” che, nella massima legalità e trasparenza, coinvolga tutti quei gestori di locali, organizzatori di serate, amanti della musica che abbiano voglia – a titolo esclusivamente gratuito – di remare contro per operare un vero cambiamento, cercando il supporto di realtà importanti quali Patamu e Soundreef che, pur con tutte le legittime differenze e finalità, costituiscono già un’importante alternativa in questo senso.
Prendendo spunto da quanto reso possibile dall’entrata in vigore del decreto Bray si chiede un aiuto concreto a tutti coloro che abbiano voglia di inscenare un pomeriggio o una serata che abbia come filo conduttore l’esecuzione di repertorio ‘libero’, composto cioè da esecuzioni di autori non iscritti o rilasciate sotto la ‘tutela’ di licenze quali Creative Commons (et similia) o, ancor meglio, di pubblico dominio attingendo al calderone infinito della “musica tradizionale”. Il tutto per ‘costringere’ la già citata Siae (e i suoi funzionari nonché alti dirigenti) a prestare veramente attenzione alla situazione ormai insostenibile di quelle decine di migliaia di band o autori che in nome di una discrezionalità legislativamente immotivata non hanno modo di guardare alla musica come un ‘lavoro’ o ad una prestazione che andrebbe riconosciuta e giustamente ricompensata. Si chiede quindi a gran voce anche una ridefinizione urgente delle normative in materia di diritto d’autore (già oggetto di proposte e disegni di legge arrivate dalle più diverse realtà politiche presenti in parlamento), andando a ritoccare la legge 633/1941 che ha finora garantito i soliti noti penalizzando i più.
Prendete allora carta e penna: la data è quella del 12 Aprile.
Il comitato promotore è quello de L’Urlo – Libera Associazione di Liberi Musicisti che vede tra i fondatori, oltre che al sottoscritto, l’amico e blogger Andrea Caovini: che con le sue “scoperte” aveva ispirato questo fortunato filone (clicca Qui per leggere i post precedenti) che oggi ha la pretesa di diventare finalmente realtà sul territorio nazionale. Mandate le vostre adesioni agli indirizzi mail andreacaovini@libero.it e valerio@radiorock.it e noi saremo ben felici di colorare la carta delle province d’Italia in maniera da segnalare, quanto prima, quei capoluoghi che hanno deciso di sposare l’iniziativa.