Il deputato democratico, membro della commissione di vigilanza e giornalista scrive alla presidente Tarantola: "Ho ritenuto mio dovere, oltreché diritto, rivolgermi a lei per chiederle se ritenga questa esibizione una forma di servizio pubblico". Un intervento che ricorda le censure del governo Berlusconi
“Sono toni berlusconiani? Ma spero di no, altrimenti mi suicido”. L’onorevole democratico e giornalista Michele Anzaldi appare perplesso. Ha preso carta e penna per scrivere alla presidente Rai Anna Maria Tarantola: “Mi chiedo se l’imitazione di Maria Elena Boschi sia da considerare servizio pubblico” scrive Anzaldi puntando il dito contro la performance di Virginia Raffaele, la comica che martedì 4 marzo durante la trasmissione Ballarò su Rai3 ha fatto l’imitazione della giovane democratica promossa a ministro delle Riforme e rapporti con il Parlamento da Matteo Renzi.
“Mi permetto di chiederle – continua Anzaldi nella sua lettera – se condivide l’imitazione e se ritiene opportuno che un ministro giovane che finora ha dimostrato preparazione e capacità, sia ritratta come una scaltra ammaliatrice che conta solo sul suo essere affascinante. È questa l’immagine che il servizio pubblico della Rai, e Rai3 in particolare, vuole dare alla vigilia dell’8 marzo?”.
Toni che richiamano alla mente le decine di dichiarazioni al vetriolo lanciate da esponenti del centrodestra contro la satira dei fratelli Guzzanti durante il secondo governo Berlusconi. E come dimenticare il famoso editto bulgaro con B. che cacciò in diretta dalla Bulgaria Biagi, Santoro e Luttazzi dalle reti del servizio pubblico? “Io sapevo che scrivendo questa lettera sarei andato incontro al massacro e mi dispiace pure se i toni sono sembrati esagerati”, si giustifica Anzaldi raggiunto al telefono da ilfattoquotidiano.it. E allora perché ha scelto comunque di prendere carta e penna e protestare formalmente con la Rai per un video satirico? “Perché la satira – spiega lui – deve correggere il costume, almeno questo era l’intento dei classici. Qui invece non si corregge niente: questa ragazza (la Boschi, ndr) non ha sbagliato niente, eppure le danno addosso. Io dico: fatela sbagliare, aspettate che sbagli e poi le date addosso, non prima. Ma che ha sbagliato? È studiosa, preparata, non compare in alcun scandalo sessuali, non ha fatto niente e le danno addosso”. Una difesa a spada tratta che aveva spinto l’Huffington Post a definire Anzaldi come un “fedelissimo” della Boschi. “Ma quale fedelissimo, la conosco solo da quando sono entrato in Parlamento. E siccome io sto in vigilanza Rai ho pensato che fosse mio dovere, oltreché mio diritto, scrivere quella lettera a una persona che stimo come la Tarantola”.
A far infuriare Anzaldi è stato il video dell’imitazione della Boschi caricato sul canale Rai di YouTube e quindi rintracciabile ovunque in rete. “Alla Rai sono amici nostri, il video è andato in onda e non abbiamo detto nulla. Ma poi alla vigilia della festa della donna lo metti su internet, cioè la ridicolizzi ovunque. Poi per l’8 marzo che facciamo? Portiamo le mimose alla Boschi?”. Meglio dunque mettere il bavaglio alla satira dunque? “Non ho detto e non penso questo. Dico solo che la satira deve correggere un costume: qui la Boschi viene presa in giro senza motivo. Aspettate dieci giorni e nel caso sbagli, la si può anche massacrare. Ma prima che senso ha?”, conclude Anzaldi. L’impressione che rimane, però, è che il parallelo tra Berlusconi e Renzi trovi oggi un altro punto di contatto: l’avversione per la satira scomoda. Che in un Paese targato Renzusconi trova difficilmente la via per sopravvivere.