Quattro grandi artisti contemporanei, maschi, si sono confrontati con poliziotti, psicologi e operatori sociali per capire la violenza maschile sulle donne. Gianni Moretti, Benno Steinegger, Benjamin Tomasi e Cosimo Veneziano, pluripremiati artisti trentenni scelti per i loro curricula internazionali, sono stati invitati dall’esperta di arte e politiche culturali Susanna Mandice, classe ’78, a passare cinque giorni con chi si occupa di violenza di genere nel territorio di Bolzano. Il risultato sono una serie di opere inedite – video, suono, installazioni, fotografia – elaborate dai quattro artisti a partire dai loro colloqui con gli esperti, che saranno esposte alla Galleria civica di Bolzano dal 7 marzo al 4 maggio. La mostra, dal titolo “Cose da uomini“, scandaglia i meccanismi della violenza di genere, con un unico obiettivo: superarli.

Bolzano in prima linea contro la violenza sulle donne

L’esperimento, che non ha precedenti, realizzato in collaborazione con Codice Ivan e con le istituzioni locali, non poteva che avvenire nella cittadina del Trentino Alto-Adige. “Bolzano è uno dei luoghi in cui le politiche di contrasto alla violenza di genere sono più efficaci. Qui – spiega la curatrice Susanna Mandice – il numero di denunce rispetto agli episodi di violenza presunti (non si hanno mai dati certi) è superiore a quello della media nazionale. Questo significa che le donne si sentono maggiormente protette, tutelate e hanno quindi il coraggio di intraprendere un percorso che può portare all’uscita dall’esperienza della violenza. E’ un dato fondamentale e significativo. Prima città italiana, Bolzano applica nel consultorio per maschi gestito dalla Caritas il protocollo europeo Change, ideato per la rieducazione degli uomini maltrattanti“.

Un’esperienza sconvolgente per i quattro artisti

Per gli artisti affrontare il tema da vicino non è stato facile. Racconta Susanna Mandice, che collabora con il Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Rovereto: “In quei cinque giorni gli artisti hanno vissuto insieme. Volevo creare un gruppo di autocoscienza al maschile. Hanno superato le mie aspettative: erano sempre attivi, partecipi, avevano mille domande. È stata dura: mi hanno detto più volte di essere confusi, frastornarti, dubbiosi. Temevano di non essere capaci di rispondere con un’opera a un tema così complesso. Abbiamo visto video, letto poesie, fatto giochi di ruolo. Ogni relatore era preparato a incontrare un gruppo di uomini giovani, colti, raffinati, abituati al lavoro intellettuale ma non abituati a parlare di violenza e di genere”.

Non solo le vittime: gli artisti hanno cercato di capire anche gli uomini maltrattanti, grazie all’incontro con l’associazione nazionale ‘Maschile Plurale‘ e con gli esperti del Consultorio per uomini della Caritas diocesana.

Molte le tematiche inaspettate approfondite nel workshop. “Mi ha sorpreso – ammette la curatrice della mostra – sentire le formatrici della Casa delle donne dire che oltre a formare insegnanti, forze dell’ordine e medici, abbiano fatto formazione anche ai farmacisti. L’idea della rete secondo me è la forza di questo progetto”.

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