Anna Pompili, ginecologa della Libera associazione italiana ginecologi per l'applicazione della legge 194 (Laiga) contesta la lettura dei dati fatta dalla Lorenzin: "Non è vero che pratichiamo 1,7 Ivg alla settimana perché ne facciamo almeno 10". Ancora senza risultati intanto il tavolo di monitoraggio con le Regioni sugli ospedali
Solo 1,7: tante sarebbero le interruzioni volontarie di gravidanza (ivg) eseguite ogni settimana del 2011 da ciascun medico non obiettore. Un tasso dimezzato rispetto alle 3,3 del 1983. Considerato quindi che il numero degli aborti in Italia è costantemente in calo, anche se in trent’anni il numero dei ginecologi obiettori è aumentato di quasi il 20 per cento, “i numeri del personale non obiettore appaiono congrui rispetto al numero complessivo degli aborti, e quindi eventuali difficoltà nell’accesso ai percorsi di ivg sembrano dovute a una distribuzione inadeguata del personale fra le strutture sanitarie all’interno di ciascuna regione”. Questa la lettura del fenomeno fatta dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, nella sua ultima relazione inviata al Parlamento sulla legge 194. Una lettura fuori dalla realtà secondo i ginecologi non obiettori.
“Io ogni settimana di interruzioni di gravidanza – commenta Anna Pompili, ginecologa della Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194 (Laiga) – ne faccio almeno 10, e non 1,7 come dice il ministro. Non ne possiamo più di queste discrepanze dei dati. Le cifre ufficiali sull’obiezione di coscienza parlano di una media del 70 per cento, quelli che abbiamo raccolto noi, struttura per struttura, sono invece del 91,3 per cento”. Senza contare, conclude la ginecologa, “che con tanti medici obiettori, le liste d’attesa si allungano e le donne sono costrette ad abortire più tardi, con maggiore rischio di complicazioni”.
Secondo i dati del ministero circa il 60 per cento delle donne effettua l’aborto in meno di 14 giorni tra la certificazione e l’intervento, il 24,7 per cento tra i 15 e 21 giorni, l’11 per cento tra i 22 e 28 giorni e il 4,6 per cento oltre 28 giorni. “Il punto importante è il tempo di attesa – rileva Eugenia Roccella (Ncd), vicepresidente della Commissione affari sociali – ma mi pare che i dati siano abbastanza buoni, visto che la maggior parte delle donne abortisce nel giro di una settimana. Quello dell’obiezione è un falso problema, come dimostra la relazione del ministero. Ciò su cui si deve lavorare è l’offerta sanitaria e i tempi di attesa. Gli strumenti per una migliore organizzazione ci sono, basta adoperarli”.
Poiché quello dell’alto tasso di medici obiettori è però un problema dibattuto da tempo, e Forza Italia e Sel avevano presentato nei mesi scorsi delle mozioni per chiedere la piena applicazione della legge 194, il ministero della Salute ha deciso di avviare, da settembre, un tavolo di monitoraggio con le Regioni su ogni singolo ospedale e consultorio per verificare le criticità e vigilare se vi sia una piena applicazione della legge su tutto il territorio nazionale, “garantendo – spiega il ministero – l’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza dei singoli operatori sanitari e il pieno accesso ai percorsi di ivg per le donne”. Un tavolo che però è in ritardo sui tempi previsti.
A seguirlo al ministero è Assuntina Morresi, autrice con Eugenia Roccella del volume “La favola dell’aborto facile”, e consulente scientifico per la bioetica dell’ex ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. “Sono arrivati dati da poco più di metà delle regioni – spiega – anche se il termine previsto era dicembre. Finora si è avuto un dato complessivo sull’obiezione di coscienza, ma con questo monitoraggio si vogliono avere dati completi struttura per struttura”.
Insomma, per ora le cose non cambiano, come sempre in Italia. L’unico fatto certo al momento è che in Europa abortire sta diventando sempre più difficile, come dimostrano la legge che vuole adottare il governo spagnolo, che vuole cancellare il diritto della donna di abortire, limitandolo fortemente, e la bocciatura in Europa della Risoluzione Estrela, che chiedeva il diritto all’aborto legale e sicuro per le donne di tutti i paesi dell’Unione. Ora però interviene duramente il Consiglio d’Europa che, accogliendo il ricorso del novembre 2012 presentato da oltre un anno dalla Cgil insieme ad altre associazioni, boccia l’Italia accusandola di “violare i diritti delle donne a cui viene impedito di abortire a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza.