Che paese è quello in cui uno scrittore – Aurelio Picca, autore di Un giorno di gioia, Bompiani – prima ancora che esca il suo romanzo decide di rinunciare a competere per il principale premio letterario, lo Strega, definendolo (come riportato dal Corriere della Sera), “una competizione ossessionata dal pettegolezzo”, “un gioco della vittoria annunciata”?

Che paese è quello cui uno scrittore sceglie, per proteggere il suo libro, di non esporlo a qualcosa di naturale e ovvio, una competizione prestigiosa, spiegando addirittura che non vuole che il suo romanzo finisca in un “tritacarne”, “strattonato, trattato male” da “manovre e giochi editoriali inevitabili”? C’è qualcosa di incomprensibile, che evoca un mondo alla rovescia. O forse, invece, ricorda che la cultura – e un premio emblematico –resta in Italia al tempo stesso un orticello separato e un luogo segnato dai vizi nazionali più diffusi: un’alternanza tra i due grandi gruppi editoriali che segnala una logica spartitoria, per beneficiare a turno dell’aumento di vendite da fascetta gialla.

Un voto poco trasparente, con pressioni, giochi di potere, spostamenti di interi pacchetti di voti. Una serata che, unico evento culturale trasmesso dal servizio pubblico, viene mandata in onda con una copertura spesso indegna, come accadde già l’anno scorso. Non sappiamo se quello di Picca sia stato un abbandono per vero disinteresse, con già in passato Arbasino o Camilleri, o per la concreta certezza, a cinque mesi dalla premiazione, di non essere il vincitore, essendo quest’anno il premio quasi certamente destinato alla fazione opposta, Mondadori-Einaudi, con Il desiderio di essere come tutti, di Francesco Piccolo, dopo la vittoria di Walter Siti lo scorso anno (Rizzoli).

Certo le motivazioni sono abbastanza eloquenti e parlando da sole (ma allora forse sarebbe il caso di non essere neanche un Amico della Domenica). Più interessante, come sempre, invece, guardare ai romanzi che probabilmente si contenderanno il primo premio, anche se le candidature ufficiali ci saranno solo in aprile. Interessante perché, dopo l’annuncio della candidatura del libro di Antonio Scurati, Il Padre infedele (sempre Bompiani-Rcs) al posto di Picca e con la probabile decisione di Feltrinelli di candidare il libro di Giuseppe Catozzella, Non dirmi che hai paura al posto de Gli Sdraiati di Michele Serra, che già di suo è stato un successo editoriale, si creano due universi di valore opposti e incrociati: da un lato due romanzi, Piccolo e Scurati, che si assomigliano non solo nei protagonisti – due uomini mariti e padri in preda a dubbi – ma soprattutto nella filosofia di fondo: la decisione di limitarsi a fotografare l’esistente, quand’anche si tratti di un fallimento personale; la rinuncia a ogni forma di utopia minima, e al tempo stesso di sguardo oltre se stessi. Con l’aggravante, nel caso di Piccolo, di una sorta di teodicea politica, in realtà apolitica, per raccontarsi che tutto va bene nell’Italia di oggi.

Dall’altro, nel caso di Catozzella e Francesco Pecoraro, autore di La Vita in tempo di pace per Ponte alle Grazie-Gems (rispettivamente la storia vera di un’atleta somala morta su un barcone e di un’Italia uscita dalla guerra ma finita in una pace piena di morte), due libri che fanno esattamente l’operazione opposta. Denunciare ciò che mai dovrebbe essere accettato, nel caso di Pecoraro con rabbia, furore e nostalgia. Da un lato il conformismo, dall’altro la lotta, psicologica e concreta: ecco le due anime del prossimo Strega e le due anime dell’Italia renziana. Vedremo presto quale avrà il sopravvento.

Il Fatto Quotidiano, 6 marzo 2014

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