Ho già avuto più volte occasione di intervenire sul caso dei cinque agenti cubani arrestati nel settembre 1998 negli Stati Uniti per aver condotto una lecita, anzi doverosa, attività di controinformazione sulle attività terroristiche dei controrivoluzionari stabiliti a Miami, da dove operano da più di sessanta anni con la copertura e finanziamenti dei servizi segreti statunitensi. Tali attività hanno provocato nel corso degli anni oltre tremilacinquecento vittime civili e oltre duemilacinquecento persone mutilate, nonché danni economici ingenti, che si vanno a sommare a quelli prodotti dall’antistorico blocco economico che anche l’amministrazione Obama si ostina a imporre contro la volontà più volte espressa dalla c0munità internazionale.
Al di là del giudizio e delle simpatie nei confronti di Cuba (io come è noto ne ho molta e penso che sia ben motivata) tutte le persone oneste e in buona fede dovrebbero concordare sul fatto che non è ammissibile avvalersi di mezzi terroristici, per intendersi bombe su aerei civili o in alberghi, come mezzo di lotta politica. Eppure è stato questo che i terroristi di Miami hanno fatto in tutti questi anni. Due episodi fra i tanti: la bomba sull’aereo cubano che riportava in patria la squadra femminile giovanile di scherma nel 1976, attentato in cui perirono oltre settanta persone, e la bomba all’hotel Copacabana nel 1997, per la quale morì il nostro giovane compatriota Fabio Di Celmo.
Le attività terroristiche di questo tipo vanno messe al bando da parte di ogni Stato, al di là degli orientamenti politici ed ideologici. Eppure gli Stati Uniti, che affermano di combattere il terrorismo e lo fanno spesso con metodi indiscriminati e discutibili continuano ad appoggiare i terroristi rei confessi di operazioni come quelle che ho menzionato. Prova ne sia, fra l’altro, il costante rifiuto di consegnare alla giustizia venezolana, nell’esecuzione di un mandato di cattura che risale a ben prima dell’avvento del chavismo, il capo terrorista Luis Posada Carriles, che continua a passeggiare libero per Miami e altre città statunitensi, nonostante sia il mandante confesso, con un’intervista pubblicata dal New York Times, dell’attentato in cui è stato ucciso Fabio Di Celmo e di quello contro l’aereo cubano che ho citato.
I Cinque furono inviati sul suolo statunitense per combattere e prevenire questi attentati, raccogliendo informazioni che furono poi sottoposte dalle autorità cubane a quelle statunitensi. Un modo assolutamente nonviolento ed esemplare di svolgere la lotta al terrorismo, mediante la collaborazione fra gli Stati e i loro servizi di intelligence in particolare. Un’attività che costituisce fra l’altro esercizio del diritto di legittima difesa consentito a tutti gli Stati dall’art. 51 della Carta delle Nazini Unite.
Negli ultimi tempi, dopo molti e lunghi anni di detenzione, sono stati alfine liberati due dei Cinque: prima René Gonzalez e pochi giorni fa anche Fernando Gonzalez. Restano in carcere Gerardo Hernandez, Antonio Guerrero e Ramon Labanino. In questi giorni si sta svolgendo a Londra una Commissione internazionale di inchiesta sul caso che vede varie testimonianze, al termine delle quali dovranno pronunciarsi i tre alti magistrati (indiano, francese e sudafricano) che fanno parte della Commissione e che redigeranno un rapporto che sarà diffuso all’opinione pubblica e recapitato alla Casa bianca.
E’ davvero tempo che Obama, eletto ben due volte sulla base di un programma ispirato a principi di giustizia e rinnovamento democratico delle politiche statunitensi, eserciti il suo potere di grazia, liberando i tre cubani ancora in carcere, come gli ho chiesto in una lettera aperta che ho pubblicato qualche tempo fa in occasione della morte di Nelson Mandela. Liberazione degli agenti cubani ancora ingiustamente in carcere ed eliminazione dell’antistorico blocco economico nei confronti di Cuba potrebbero costituire segnali importanti dell’avvento di una nuova era di collaborazione e scambio paritari fra il grande Paese del Nord e il resto del continente americano. Perche’ se e’ vero, come credo, che in fondo nessuno ha la verita’ in tasca, occorre poter collaborare senza violenze e ingerenze per un mondo migliore nell’interesse di tutti.