L’eterno ritorno dell’avance complimentosa, succedaneo assai ristretto – più di un brodino di cappone – rispetto a una vita di sempiterno sgavazzo, è quel che resta di un pover’uomo ormai in catene, il già Inesauribile Cav., il quale nell’ora d’aria concessagli dal rigidissimo 41 bis inflittogli dalla “dolce” Pascale cerca disperatamente il profumo di quel che gli capitò felicemente in vita, molto olgettinamente parlando. Il carcere duro che gli è toccato in sorte amorosa (al cui cospetto quello della Procura di Milano gli pare un giardino fiorito e dunque se ne fotte) lo sta privando minuto dopo minuto di quel nutrimento per l’anima che ha riempito interi faldoni processuali sotto la voce “prostituzione minorile” e altro. Ma la straordinaria conversazione di Alessandro Ferrucci con la medesima Pascale mette dolorosamente il dito nella piaga e ufficializza l’offensiva della pretendente al trono: “Glielo dico tutti i giorni: Silvio sposami! E io rinuncio all’eredità…”.
Solo che la seconda volta la storia si ripropone in farsa, ammesso che la prima, quella che già fu di Veronica, avesse davvero i contorni della tragedia. In quella occasione, una richiesta di matrimonio lanciata con l’avventatezza del satrapo alla dolce Carfagna mise in allarme la signora, che da quel momento cominciò a seguire giudiziosamente le gesta del marito, sino all’occasione storica di fargli tana nel cuore della provincia napoletana dove il Cav. trascinò scorta e collaboratori a casa Noemi, una giovinetta misteriosa in grado di farsi festeggiare da Berlusconi plurime volte. Fu allora che la signora decise di lanciare il suo grido di dolore dalle colonne di Repubblica, il quotidiano comunista come lo chiamava Silvio, chiedendo che gli amici più cari si occupassero di una persona, il marito, che non aveva più l’equilibrio di sé.
Insomma, quel duplice scherzetto, calcolato il tutto – processi, avvocati, e centinaia e centinaia di articoli di giornale – è costato al Cav. un milioncino e mezzo al mese da qui alla fine dei suoi giorni, da devolvere gentilmente alla “Fondazione Myriam Bartolini”, e pensare che erano addirittura il doppio, al punto che nel tempo aveva fatto la sua personalissima classifica delle rapine ai suoi danni. In questo precisissimo ordine di arrivo, nonostante la diseguaglianza economica: prima (per rabbioso distacco) l’ex moglie Veronica, secondo il suo mai amico Carlo De Benedetti che gli aveva ciucciato una mezza miliardata.
Raccontano le cronache che adesso il povero Silvio stia passando i suoi bei guai con la carceriera Pascale, che nello stato di famiglia non aggiungerà mai “in Berlusconi”, in quanto il nostro si è detto “troppo vecchio” per sposarsi una terza volta. Ma non è solo un matrimonio negato ad alimentare l’inquietudine della ragazza che si fece Calippo, no, qui c’è di più e ancora di consigli per gli acquisti si tratta.
L’altro giorno, alla presentazione di un libro, libero miracolosamente per una ventina di minuti, l’inarrivabile vegliardo si è appitonato a una signorina venticinquenne, lì con fidanzato, alla quale ha offerto il biglietto vincente per una visitina al castello di Arcore, considerandola meritevole almeno di un provino Mediaset. I giornali hanno riferito e la Pascale non ha per nulla gradito (“deve riuscire a superare tre ostacoli, me, il cancello di Arcore e la guardia di Dudù”), consapevole che la letteratura sull’argomento è superflorida e memore soprattutto di una telefonata intercettata qualche giorno prima tra il medesimo e Barbara Guerra, di tenore sospettabilmente olgettiniano. Come rivelato da Dagospia, uno sganassone sul volto angelico di S. B. aveva risolto apparentemente a suo favore la questione.
La butto lì, cari lettori: dobbiamo cercare di salvarlo. Salvarlo dalle grinfie della giovane Francesca che lo ha recluso, che gli nega anche le più piccole gioie della vita (cos’è in fondo un provino ad Arcore?) e, se proprio volete saperlo ma questo è un parere personale, che gli ha anche imposto il patto con Renzi. E che ha fatto cacciare persino la “sua” amatissima e storica collaboratrice, Marinella Brambilla. C’è bisogno di qualcuno che faccia opposizione in questo Paese, non fosse per i Cinque Stelle qui sarebbe tutta una insopportabile melassa renziana. Lo rivogliamo come una volta, il fetentissimo Cav., quello che abbiamo imparato a conoscere (amare magari no) e che ci manca un sacco. Non la pappamolla che abbiamo sotto gli occhi.
Ps. È chiaro che questo pezzo si presta all’interpretazione più maligna, e cioè che ci sia stato dettato dai cinque figli del Cavaliere. Anche smentendo, non ci credereste.