Politica

Caro Freccero, di grazia, non blandire Grillo

Caro Freccero, accetta una critica da chi ti è stato collega nel campus universitario di Savona, apprezza la tua intelligenza debordiana e percepisce con simpatia, dietro a certi tuo languori, l’aspro umore dello spirito ligure (quel rifiuto del grazioso che attraversa la nostra migliore tradizione comica, da Gilberto Govi a Paolo Villaggio).

Francamente ho trovato imperdonabile, durante l’intervista de la Zanzara, la tua totale condiscendenza nei confronti di Beppe Grillo nella faccenda delle espulsioni dei dissidenti. Una sorta di “centralismo democratico” trasmigrato nel web.

La motivazione “i grillini devono obbedire a chi li ha fatti eleggere” è l’apologia del servilismo. Male tipico dello specifico italiano; acuito – in questo inverno del nostro scontento per la politica – dai contorti meccanismi che producono totale dipendenza dei parlamentari nei confronti di chi li ha designati (e ne controlla arbitrariamente  il prosieguo di carriera). Anche perché tale tua condiscendenza ingenera il sospetto di una (inopportuna) voglia di “épater le bourgeois”, tipica del più che rispettabile self made man quale tu sei per biografia (e di cui il vago birignao con cui ti esprimi è una spia che induce tenerezza).

Di questi tempi lo snobismo del stupefare è un incosciente gioco al massacro, visto che – come tu stesso ammetti – è in corso una terrificante normalizzazione renziana e le fisime padronali di tutela sterile del proprio orticello (a cinque stelle) sono solo una gravissima dissipazione di risorse altrimenti destinabili.

Infatti ci sarebbe bisogno di un’azione politica per un immediato cambio di corso politico, mentre tu e altri cercate il facile applauso dell’ortodossia grillesca accreditando le mattane del Santone (teleguidato da un inquisitore apocalittico e con qualche evidente disturbo della personalità; visto che già da comico, Grillo non era portato all’improvvisazione e ha sempre avuto bisogno dell’opera di ghost writers che alimentassero di contenuti le sue performances).

Difatti la criminalizzazione del dissenso (giustificata dai ‘talebani M5S’ a posteriori; tirando in ballo manchevolezze ignobili degli espulsi, mai addebitate prima che i reprobi osassero criticare Grillo) lascia sul campo soltanto due tipi umani di militanti: i fanatici (ma l’avete visto lo sguardo perso nel vuoto del senatore Morra, intervistato da Mentana su La 7: il converso abbagliato dalla Rivelazione che è pronto a servire perinde ac cadaver), gli opportunisti servili (quelli che dicono sì per principio e vivono nel terrore di perdere la benevolenza delle Somme Sfere). Per un cambio radicale di corso politico (non per un’apocalisse millenaristica) servono tipetti di tal fatta o erano più utili neofiti della politica che – comunque – iniziano a conquistare (e reclamare) uno spazio di autonomia? Che ora finiscono nel Limbo dei Gruppi Misti delle due Camere, esposti alle sirene civatiane per operazioni senza capo né coda.

Sicché – caro Freccero – tutto questo il tuo occhio allenato ai casi della vita non può non vedere. Così come la tua contiguità in quanto ligure all’ex-comico (sedicente portavoce del M5S, in realtà fattosi Saturno che divora i propri figli) dovrebbe farti capire a naso con chi si ha a che fare: il solito “malemmo” (ringhioso smargiasso) che non può tollerare il dissenso per due ragioni, figlie della sua matrice di piccolissima borghesia reazionaria: una concezione proprietaria dei rapporti (“il movimento è mio e me lo gestisco io”), una mentalità autoritaria (non necessariamente fascista, semmai intrisa dei valori reazionari gerarchico-patriarcali).

Sapendo con chi si ha a che fare, le blandizie sono assolutamente fuori luogo. Per questo ti invito (sommessamente ma con convinzione) a ritrovare il tuo ben noto spirito critico e riprendere non solo a “épater le bourgeois” ma anche “le petit bourgeois”. Ovvero il ceto sociale da cui proviene in larga misura la classe dirigente nazionale: servile coi potenti, prepotente coi deboli, codarda e opportunistica.

Paolo Sylos Labini li definiva “topi nel formaggio”.