Più di 80 miliardi di euro nel 2013, pari al 5,8 per cento del Pil nazionale: sono solo alcuni dei dati contenuti nel rapporto 2013 Unioncamere/Fondazione Symbola sul lavoro creativo in Italia. Copywriters, video maker, seo, web content editors, grafici, art directors, esperti di social marketing: uno “spettro” che si aggira per il nostro Paese di quasi due milioni di lavoratori – under ma anche over 40 – privi di una posizione contrattuale certa.
E così, tra finte partite Iva, contratti a progetto, eterne collaborazioni “occasionali” e limitazioni temporali o di reddito per le esenzioni fiscali, avanza il “quinto Stato” dei lavoratori precari della creatività, atipici, sospesi tra la sicurezza di un lavoro garantito e l’illusione di un self employement impossibile da gestire in un sistema economico come il nostro dove chi esce dal regime dei minimi (le cosiddette partite Iva a regime agevolato, valide per 5 anni) non può affrontare il salto alla partita Iva semplice, gravata da una tassazione che sfiora il 50-60%.
Si calcola infatti che dal 2008 al 2013 ne siano state chiuse 400mila. E mentre la politica resta muta, il popolo dei creativi tenta forme di organizzazione sul web. Ci hanno provato i freelance del collettivo Zero con la campagna “Creativi sì #coglioniNo”. Ci prova il blog “Un posto al copy”, della napoletana Daniela Montieri, nato nel 2011 e approdato poi in un gruppo su Facebook come community di copywriter che parlano del loro lavoro, scambiano esperienze e sostengono cause, come la petizione lanciata su Change.org dall’autore televisivo Alfredo Accatino sulla #rivoluzionecreativa “per il riconoscimento della valenza strategica della creatività e della ricerca tecnologica”: oltre 15mila firme raccolte in due mesi, 20 punti programmatici che vanno dal riconoscimento dei diritti per giovani e donne alla riforma del diritto d’autore, dalla tutela della maternità all’introduzione di forme contrattuali adeguate alla specificità delle professioni creative, all’istituzione di un fondo di solidarietà per aiutare i professionisti in difficoltà e per il reinserimento nel mondo del lavoro degli over 45.
Il percorso professionale di Daniela Montieri, 36 anni, è un esempio da manuale, passata dalla collaborazione occasionale alla sostituzione di maternità al tempo indeterminato e nuovamente al progetto. Sbarcata da Napoli (“dove è difficile fare un mestiere qualsiasi, figurarsi il copy”) in Romagna, grazie al suo blog è entrata in contatto con le storie di tanti colleghi. Come Paolo Parigi, 48 anni, copy da circa 20: carriera dignitosa fino a quando è arrivata la crisi, che “ha fatto emergere con forza – dice – il regime di iniquità che colpisce il lavoro autonomo in Italia, in particolare quello degli iscritti alla cosiddetta ‘gestione separata’, gravati da un prelievo fiscale e contributivo sproporzionato e totalmente privi di tutele”.
Andrea Mentasti, 50 anni, è un freelance di Napoli, autore di spot radiofonici, trasferitosi da qualche anno in Lombardia. “Non ho mai avuto un contratto regolare, mai ho intrapreso cause di lavoro: non te lo puoi permettere, perché se si viene a scoprire che hai fatto causa al tuo datore di lavoro non trovi più un impiego nemmeno a pagarlo”. Alessandro, 46 anni, creativo pugliese, lavora per aziende multinazionali ma non ha una posizione lavorativa stabile, tanto che è finito sotto sfratto (“tecnicamente sono un senza tetto”, ci dice) perché nessuno ti affitta casa senza un contratto di lavoro regolare. Alessandra, 44 anni, di Bologna, dopo una breve esperienza a Milano torna nella sua città, dove riesce ad ottenere un co.co.co. “Tutto bene” racconta “fino a quando decido di fare un bambino”. Aver lavorato fino al settimo mese di gravidanza non le evita di perdere il posto di lavoro. Serena, 26 anni, vive in Umbria, dove la situazione, dice, è molto difficile. “Puoi entrare in un’agenzia e fare l’eterna stagista full-time con dei compensi che vanno dall’equivalente di un rimborso spese al part-time, perché assumere costa troppo alle agenzie, oppure aprire una partita Iva che maschera un lavoro dipendente a tutti gli effetti”. Vittoria, 30 anni, viene da Napoli: quando ha avuto la possibilità di collaborare con un’agenzia di Milano l’ha fatto di notte o nei weekend, mantenendo il suo stipendio mentre tentava il salto di qualità. “Ho potuto così aggiungere al mio portfolio un’esperienza significativa. Ma la visibilità da sola non paga, perché il lavoro è remunerazione, non una frase in più sul curriculum. La “rivoluzione creativa” di Accatino cerca solo di dare dignità a tutti quei professionisti che la perdono, non solo nel lavoro ma anche nella vita”.