Una valuta senza istituzioni alle spalle diventa una terra di nessuno in cui prevale la legge del più forte. La Rete non rimpiazzerà le Banche centrali
Una moneta solida che sia mezzo di scambio e riserva di valore affidabile concepibilmente si può reggere su due pilastri: uno materiale, il legame ad un bene (ad esempio un metallo prezioso), l’altro immateriale, vale a dire l’insieme di credibilità politica, efficienza economica, forza militare, protezione legale garantite dall’entità che la emette. Bitcoin contravviene questa regola millenaria e pertanto non potrà mai assolvere entrambe le funzioni. Innanzitutto Bitcoin non ha alcun valore intrinseco. È “creato” ex nihilo da un algoritmo open source, geniale e complesso, che accumula nel tempo uno stock virtuale fino ad un massimo prestabilito di 21 milioni. Una volta raggiunto questo limite l’offerta (la base monetaria) del Bitcoin rimarrà costante in eterno. “Forgiare” Bitcoin falsi è ritenuto (finora) impossibile.
La mistica della critto-moneta universalmente diffusa attraverso la rete, scevra da legami con autorità costituite e autoregolamentata ha eccitato sia le pulsioni anarcoidi (a sinistra) che quelle libertarie (a destra). Purtroppo a contatto con il mondo reale ogni mito si infrange. Cosa ha determinato il successo e di conseguenza il valore del Bitcoin? Due elementi: (a) l’accettazione crescente negli acquisti, leciti o illeciti, in rete; (b) l’anonimato nelle transazioni. Il primo elemento risolve un problema pratico senza (in teoria) commissioni salate e rischi insiti nell’uso di carte di credito o sistemi tipo Paypal. Il secondo attrae chi voglia sfuggire alla giustizia, al fisco, ai soci, ai complici, agli avvocati del coniuge.
Non si sa bene quale elemento abbia impresso la spinta maggiore, ma ad ogni modo il valore dei Bitcoin (in termini di dollari, yen, euro, yuan) ha assunto le caratteristiche tipiche delle bolle, evocando i bulbi di tulipani olandesi nel XVIII secolo: oscillazioni violente (da pochi centesimi a oltre 1000 dollari e poi in picchiata a 500 dollari) esacerbate dal fatto che il rapporto di cambio tra Bitcoin e valute reali varia enormemente tra cambiavalute online (gli exchanges): le differenze talora superano il 25%, stracciando la ferrea legge del prezzo unico, architrave dei mercati finanziari.
In aggiunta, per le Autorità l’anonimato ha un grado di popolarità appena inferiore alla lebbra, ergo tendenzialmente ostacolano qualsiasi moneta alternativa (ad esempio in Cina è proibito al settore finanziario di operare in Bitcoins). Ma lo scontro tra reale e virtuale è deflagrato negli Usa dove l’Fbi ha nel mirino la sordida dark (o deep) internet (l’equivalente web dei bassifondi) – resa inaccessibile ai babbani del pc da barriere crittografiche military grade. Lì con i Bitcoin si compra di tutto, dalle identità clonate alle armi.
La cause célèbre è Silk Road, un sito assurto, secondo le accuse, a e-Bay di droga, documenti falsi, software e quant’altro. Il suo guru, Dread Pirate Roberts, al secolo Ross Ulbricht, è finito in galera, in ottobre, ma il sito è ripartito in versione ridotta sotto la denominazione Silk Road 2.0. Da allora si è verificata una catena di eventi inquietanti. Utopia, un sito che aspirava all’eredità di Silk Road è stato smantellato in Olanda e Germania dopo nove giorni di attività. Il ventiquattrenne Charlie Shrem, fondatore di BitInstant.com uno dei maggiori Bitcoin exchanges è stato ammanettato per aver aiutato Robert Faiella, detto BTCKing, ad acquistare Bitcoins utilizzati da utenti di Silk Road con un debole per gli stupefacenti.
Poi vari siti legati alla critto-moneta sono stati “svaligiati”. La lista comprende Sheep Marketplace, un narco-bazar tosato di 6 milioni di dollari (altri forniscono stime molto maggiori); Black Market Reloaded che ad un certo punto ha chiuso a nuovi membri e ha subìto un piccolo furto da 200 Bitcoins; infine è stato il turno di Silk Road 2.0 dove il bottino è stimato tra i 2 ed i 6 milioni di dollari. Le cifre sono terribilmente imprecise perché l’entità dei conti sui server non è facilmente ricostruibile.
Ma la stangata clamorosa, sparata sui media di mezzo mondo qualche giorno fa è Mt. Gox, la maggiore piattaforma di scambio tra moneta virtuale e monete reali. Il sito è stato bloccato senza spiegazioni per una settimana prima che il Ceo Mark Karpeles si presentasse in TV ad annunciare il colpo da quasi mezzo miliardo di dollari. Mt. Gox era già assurto ai disonori delle cronache in Rete perché aveva avuto diversi problemi “tecnici” nei mesi scorsi. Solo dei babbei avrebbero continuato ad affidargli i propri soldi ancorché virtuali, ma un filtro antiimbecilli ancora non è stato messo a punto.
Comunque sia, visto che i Bitcoin sono anonimi, i crimini rimarranno quasi sicuramente impuniti. L’ultimo giallo targato Bitcoin è stata la morte violenta due giorni fa a Singapore. Il cadavere della ventottenne Autumn Radtke, Ceo di un altro exchange Bitcoin, First Meta Exchange, è stato trovato dalla polizia della città stato sulla ringhiera al secondo piano di un condominio. Le cause e le circostanze della morte non sono state ancora accertate.
Che lezioni trarre dalla meteora Bitcoin? Innanzitutto che una valuta senza istituzioni alle spalle diventa una terra di nessuno dove prevale la legge del più lesto. I furti di Bitcoin potrebbero benissimo essere stati perpetrati dagli amministratori dei siti (come molti insinuano): nessuno avrebbe potuto impedirlo e tantomeno assodarlo. Quando manca una banca centrale mancano anche i controlli che essa esercita e la politica monetaria che àncora la cifra scritta sulla banconota alle quantità di beni e servizi acquistati. Persino una moneta aurea necessita di un’autorità che certifichi peso e qualità del metallo.
Il Bitcoin poi non assolve funzioni ineludibili, ad esempio il pagamento delle tasse, non ha corso legale e un contratto denominato in Bitcoin probabilmente non ha tutele giuridiche, quantomeno non nelle maggiori giurisdizioni. Il Bitcoin è al massimo una mera unità di conto per la rete, ma il suo valore reale è legato in modo imprevedibile ed indissolubile a fattori erratici, in primis il numero di persone che ne fanno uso. In definitiva non sarà l’untorello Bitcoin, né i molteplici tentativi di imitazione, a spiantar banche centrali.
Dal Fatto Quotidiano del 5 marzo 2014 aggiornato da Redazione web il 7 marzo 2014