Si chiama Ulianova. Ma non è russa. È semplicemente nata da genitori comunisti. Dirigenti sindacali, lui brianzolo, lei trapanese. Ulianova in omaggio a Lenin, dunque. Ma ancor più in onore a Galina Ulanova, la fascinosa prima ballerina del Bolshoi negli anni del dopoguerra. Occhiali da intellettuale di studio e di fatica, per gli amici è Ulia, la signora dei Giusti, da scrivere con la maiuscola senza alcun pudore di apparire retorici. È da quattordici anni, infatti, che Ulianova Radice è la direttrice di Gariwo-Comitato foresta dei Giusti, l’associazione fondata con Gabriele Nissim, scrittore di cultura ebraica, con cui aveva già prima collaborato per lunghi anni nella ricerca dei fatti sconosciuti o misconosciuti della Shoah e del dissenso nei paesi dell’est.
“Avevo collaborato con tutti i libri di Gabriele, a partire dal primo, Ebrei invisibili, che aveva scritto con Gabriele Eschenazi. Poi L’uomo che fermò Hitler, o Una bambina contro Stalin. Un giorno abbiamo organizzato un convegno a Padova sui Giusti, a proposito del genocidio ebreo e di quello armeno. Ecco, lì è venuta l’idea di Gariwo. Mi sembra un miracolo, siamo partiti un po’ all’arrembaggio nel 2000 e ora abbiamo una sede con cinque dipendenti e una decina di volontari. E altri hanno aperto sedi a Sarajevo, a Praga o a Kigali, nel Rwanda. Finanziamenti privati, in gran parte la famiglia di Gabriele. Ma abbiamo anche vinto progetti europei, come quello dei giardini virtuali d’Europa, tutti immaginati come luoghi in cui rendere onore con un albero alla memoria dei Giusti”.
“Chi sono i Giusti? Guardi, non sono i “senza peccato”, gli immacolati, come si potrebbe immaginare. Noi ne abbiamo un’altra idea. Possono invece avere sbagliato, militato eventualmente sotto bandiere ingannevoli. Però quando è arrivato il momento decisivo, quello in cui gli eventi interrogano ciascuno sulle sue responsabilità, loro hanno saputo prendersele per intero, senza calcoli, rischiando per amore degli altri. Non necessariamente quelli come loro. Ebrei o neri o compagni di fede politica. Semplicemente gli altri”.
Ulia scartabella con orgoglio negli uffici dell’associazione in via Boccaccio a Milano. Riguarda con orgoglio gli inviti nelle scuole. Mostra il sito interattivo, aperto alle dediche dei ragazzi, anche alla deposizione di un fiore immaginario in questo o in quel luogo degno di memoria. “Il nostro obiettivo è la prevenzione del genocidio, una tentazione sempre viva nella storia. Per questo cerchiamo di attrezzare i giovani, cercando con il nostro lavoro, se possibile, di influenzare anche le decisioni dei grandi. I grandi come adulti, i grandi come potenti”.
Proprio giovedì scorso si è celebrata la seconda giornata europea dei Giusti, istituita nel 2012 dal parlamento di Strasburgo. Una cerimonia a Milano nel giardino del Monte Stella, alla presenza di Giuliano Pisapia e di Clarence Seedorf, l’allenatore del Milan alfiere della lotta al razzismo. Un nuovo albero è stato dedicato a Nelson Mandela. Un altro a Papa Giovanni XXIII. “Ho provato una sensazione strana. Ormai sono molti anni che piantiamo questi alberi . E i cippi per terra danno il senso di una cosa vivente, di qualcuno che ti parla, di una realtà che ti viene addosso, come se ti fosse fiorito nelle mani qualcosa di imprevisto”.
È ormai da anni che Ulia, prima collaborando con i libri di Nissim ora con Gariwo, scava e costruisce cultura in questa direzione. L’Olocausto, gli Schindler che hanno salvato migliaia di vite umane sul maledetto scacchiere del nazismo europeo. O lo stalinismo (lei, Ulianova…), l’eroico dissenso nei paesi dell’est di intellettuali, religiosi o semplici contadini. I genocidi armeno o ruandese, le pulizie etniche nei Balcani o il razzismo del Sudafrica.
È un modo nuovo di raccontare gran parte della storia e che aiuta a scrivere la vicenda delle minoranze al di fuori dei miti delle “avanguardie”. Piuttosto diventano essenziali le culture e le biografie, si esalta il potere immenso delle responsabilità individuali, siano esse di ispirazione laica o religiosa. Oggi questo movimento culturale sta iniziando a confrontarsi anche con ciò che è accaduto e ancora accade in Italia, con il totalitarismo violento della mafia e della sua cultura, anch’esso volto a zittire coscienze e parole.
In questa nuova fase del suo lavoro Ulia crede fermamente. Di mafia si è già occupata. Dopo la laurea in filosofia ha fatto a lungo, negli anni ottanta, la segretaria giudiziaria presso il tribunale di Milano. “È stata una grande esperienza. Ho seguito tutti i processi di mafia, specie quelli dei casinò. Epaminonda, Santapaola, i catanesi. Poi ho seguito le intuizioni di Falcone sui movimenti del denaro, e me ne sono occupata scrivendo su un quotidiano svizzero”. Per questo ora il movimento propone che la nozione di Giusto accolga finalmente anche i tanti caduti della lotta alla mafia. Coloro che colsero benissimo il destino loro riservato nella temperie di piombo e di viltà e per amore degli altri scelsero di seguirlo fino in fondo, di starci dentro con la stessa dignità che volevano assicurare ai propri simili. “Sarebbe bello se già la terza giornata europea, nel 2015, volesse dedicare alcuni dei suoi alberi ai Giusti dell’antimafia”. Sarebbe bello, sì.
Da Il Fatto Quotidiano del 9 marzo 2014