“Scrissi qualche anno fa questa guida, ora per gran parte è inutilizzabile: al turista spesso non resta altro che guardarsi le foto da un libro”. Pochi giorni dopo l’ennesimo crollo, Antonio Irlando, architetto e presidente dell’Osservatorio Patrimonio Culturale, ci accompagna per le strade e le domus del sito archeologico più grande al mondo. O di quel che ne resta, tra intonaci caduti e sparsi sul suolo, muri pericolanti, cantieri aperti anni fa e mai chiusi. Come la Casa dei Vettii, una delle più importanti di Pompei, chiusa per lavori da 11 anni e dove la pioggia mette in serio pericolo gli splendidi affreschi, o la Casa di Cecilio Giocondo, oggetto di intervento con fondi Por e mai riaperta, dove il mosaico dell’atrio quasi non si vede più, aggredito dal muschio. In una Domus non ha retto neppure la staccionata che dovrebbe impedire l’accesso al pubblico: nel cortile interno pezzi di stucco colorato franati e dipinti esposti alle intemperie. Mentre passeggiamo comincia anche a piovere: “Incrociamo le dita – dice Irlando – altra pioggia qui significa altri danni. Spero davvero che al più presto si ponga fine a questo sterminio di identità del nostro Paese” di Andrea Postiglione
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