Nasce in Olanda la piattaforma che permette alle testate di vendere sul web i propri contenuti, a un costo tra i 10 e i 25 centesimi. Il fondatore Klöpping: "Si pensava che nessuno avrebbe più pagato per la musica, poi è arrivato Spotify"
Trovare un modello di business sostenibile: è questa la grande sfida del giornalismo nell’era digitale. Il modello basato sulla pubblicità, che per decenni ha sostenuto il mercato della carta stampata, non offre più garanzie. Quella del paywall, il sistema di contenuti a pagamento, sembra essere la strada migliore: sono diversi i casi di successo come quello del New York Times negli Stati Uniti, o del Neue Zürcher Zeitung in Svizzera. Resta, però, un problema di fondo: spesso, soprattutto quando il modello di pagamento è poco flessibile, i lettori sono costretti a sottoscrivere un abbonamento pur essendo interessati a leggere soltanto pochi articoli. La soluzione, allora, potrebbe arrivare dall’Olanda – che dopo l’esperienza del “De Correspondant” si conferma di nuovo un grande laboratorio di idee per il settore dell’informazione – dove una piccola startup ha ideato Blendle, una sorta di “iTunes del giornalismo”.
Blendle, in sostanza, ha convinto gli editori dei principali giornali e periodici olandesi, tra i quali Reed Elsevier, Hearst e Sonoma, a vendere i propri articoli singolarmente per 10 o 25 centesimi tramite un’unica piattaforma, che tiene per sé il 30 % di ogni transazione. “Non molto tempo fa, a causa della diffusione della pirateria, la maggior parte delle persone pensava che nessuno avrebbe più pagato per ascoltare musica”, ha spiegato in un post sul blog Medium il co-fondatore della startup Alexander Klöpping. “Poi sono arrivati iTunes e Spotify, e alcuni si sono trovati a farlo per la prima volta. La stessa è accaduta per i film con Netflix. E ora tocca al giornalismo, per il quale molti editori pensano che nessuno sarà disposto a pagare”.
Infatti, sempre secondo il giovane startupper, un modo per stimolare gli utenti a pagare i contenuti c’è ed è legato soprattutto all’utilizzo di algoritmi e filtri che aiutino il lettore a trovare i propri contenuti preferiti. Non a caso, Blendle permette agli iscritti di vedere quali siano le notizie più lette, e quelle condivise sui social network da amici, politici e giornalisti, ma soprattutto di seguire argomenti o autori preferiti tramite una newsletter.
Per invitare i lettori a usare il serivizio, la piattaforma offre gratuitamente un budget di 2,50 euro e la singolare possibilità di chiedere il rimborso del prezzo dell’articolo nel caso in cui non abbia soddisfatto le aspettative dell’utente. Blendle, attualmente in fase beta, sarà lanciata ufficialmente ad aprile, e gli altri paesi, giura il Ceo della startup, “ci seguiranno”. I risultati per ora sono incoraggianti, e in particolare c’è un fatto che stupisce: i membri del team della startup hanno deciso di pubblicare un invito per testare la versione beta della piattaforma su Craiglist, e dopo poche ore è arrivata un offerta di ben 95 euro da parte di un ragazzo di 19 anni. E, dunque, la domanda sorge spontanea: che l’ “iTunes del giornalismo” sia la rivoluzione necessaria per avvicinare le nuove generazioni al giornalismo?
Twitter: @danielerubatti