Poco importa se la vigilanza dei mercati finanziari Ue, l’Esma, storce il naso sulle modalità di contabilizzazione dei guadagni registrati dalle banche italiane con la rivalutazione del capitale di Bankitalia operata dal decreto Imu di fine 2013. La sua emanazione locale, la Consob di Giuseppe Vegas, non ha nessuna intenzione di prendere posizione in merito. E lascia l’incombenza agli stessi banchieri. E’ quanto emerge da una nota della stessa Commissione secondo la quale saranno i cda degli istituti azionisti della Banca Centrale ad adottare “la modalità che ritengono più appropriata” e a scrivere esplicitamente nel bilancio 2013 quale orientamento hanno preso.
La nota firmata dallo stesso Vegas è arrivata lunedì sera a poche ore dall’approvazione dei conti di uno dei principali beneficiari del decreto, Unicredit, proprietaria del 22,11% di Bankitalia il cui valore è così quintuplicato con un guadagno netto per l’istituto vicino al miliardo e mezzo di euro. Prima di lei c’è solo Intesa Sanpaolo che di Via Nazionale possiede il 42,51 per cento. La questione della scrittura del guadagno nei bilanci di ormai prossima pubblicazione non è quindi peregrina per gli istituti azionisti.
Così come non lo è per il governo, come ha sottolineato lunedì il numero uno della lobby dei banchieri, Antonio Patuelli, dichiarando che se le banche non potranno iscrivere la rivalutazione a conto economico le imposte sul guadagno, circa 900 milioni di euro, che nelle iniziali intenzioni del governo Letta avrebbero dovuto coprire la seconda rata Imu, non sono dovute. “Non ci è arrivato un rigo” che contraddica la legge, ha detto il presidente dell’Abi prima della diffusione della nota Consob che a sua volta ha rilevato “l’atipicità e l’unicità” della materia e l’assenza di una espressa indicazione nei principi contabili internazionali e ha così permesso alle banche di rompere gli indugi, mentre Tesoro e Bankitalia gestiscono il problema con l’Esma. E le relative incognite che si potrebbero presentare in caso di disaccordo definitivo tra le parti in causa. Inclusa la possibilità di una correzione dei conti delle banche ex post.
Patuelli ha colto la palla palla al balzo per mandare a dire al presidente del consiglio che “la squadra nazionale delle banche italiane gioca per l’Italia tutta e non per sé, penalizzarla è una contraddizione in termini”. Secondo il numero uno dell’Abi, sul settore pesa una fiscalità più elevato rispetto ai concorrenti degli altri Paesi. “Non vogliamo privilegi o contributi a fondi perduto, ma solo la correzione di discriminazioni”, ha quindi aggiunto.