Non credo si debbano nutrire opposizioni preconcette nei confronti del governo Renzi, anche se tutto lascia intendere che non verranno attuate misure efficaci sul piano della lotta alla crisi e della ripresa economica. Eppure, tale governo, come qualsiasi altro, va incalzato su questo ed altri terreni. In questo senso mi sembra sia da appoggiare la iniziativa di Maurizio Landini, il quale, con la lettera aperta pubblicata domenica su Repubblica, formula varie proposte interessanti, come la subordinazione degli aiuti pubblici alle imprese alla creazione effettiva di posti di lavoro, il ripristino pieno della progressività costituzionalmente prevista del sistema fiscale e l’introduzione di forme di reddito minimo universale. Come pure desta qualche interesse la nomina di un magistrato prestigioso come Raffaele Cantone all’authority anticorruzione. Vedremo se, su queste problematiche così decisive, il governo saprà passare dalle parole ai fatti, nonostante l’effetto zavorra dell’alleanza con la destra e le prevedibili resistenze interne al Pd.
Se c’è tuttavia un terreno, di altrettanto fondamentale importanza, sul quale l’azione del governo Renzi e dell’alleanza che lo sostiene va contrastata da subito con molto energia, è quello della cosiddetta riforma elettorale. Al riguardo mi sono espresso più volte anche di recente. La legge partorita dalle menti di Renzi e Berlusconi, per interposto Verdini, e con il contributo decisivo del presidente della Repubblica, tende a riprodurre i difetti sui quali già si è espressa in modo netto la Corte costituzionale. Presentare tale disegno di legge equivarrebbe, quindi, a un inammissibile tentativo di aggirare la giurisprudenza costituzionale riproponendo tutti gli aspetti per i quali il Porcellum è stato giustamente macellato. In particolare la lesione degli elettori di essere rappresentati da un Parlamento che sia effettivamente specchio del Paese. Il voto espresso verrebbe fortemente deformato in nome di un malinteso principio di governabilità, sul quale convergono istanze autoritarie del tutto simili espresse da un lato da Renzi e dall’altro dall’intramontabile (grazie a Renzi ed altri come lui) Silvio.
Va quindi condivisa la presa di posizione formulata oggi al riguardo dall’Associazione per la democrazia costituzionale secondo la quale “il sistema elettorale che risulterebbe dalla approvazione del testo in esame alla Camera, manterrebbe gli aspetti di incostituzionalità della legge Calderoli (liste bloccate e assenza della preferenza, premio di maggioranza, deformazione della rappresentanza), in alcuni casi aggravandoli (per esempio con il raddoppio della ‘soglia’ di accesso al Parlamento, che rischia di escludere milioni di elettori) e prevedendo un secondo turno impropriamente definito di ‘ballottaggio’, che attribuirebbe la maggioranza assoluta a una formazione che potrebbe aver ottenuto al primo turno consensi assolutamente minoritari. In questo senso costituirebbe un mancato rispetto della sentenza della Consulta là dove richiama la doverosa prevalenza del principio della rappresentanza, su cui si fonda il sistema parlamentare, sulla pretesa di ‘stabilità’.
Stabilità che peraltro il nuovo sistema non garantirebbe, come affermato dalla generalità dei costituzionalisti, per l’alto rischio di maggioranze diversificate fra Camera e Senato, accentuato ulteriormente dalla scelta di applicare il nuovo procedimento solo alla Camera, con l’unico scopo di impedire le elezioni fino alla cancellazione del Senato, che richiede una riforma costituzionale. La ‘riforma’ appare lontana dalla esigenza di trasparenza ed efficacia invocata dallo stesso Pd nell’ultima campagna elettorale, piegata alla pretesa di imporre per legge un bipartitismo che non corrisponde alla realtà della nostra società e punta a cancellare il pluralismo delle culture e la vasta area del dissenso e della responsabilità etica e civile.
Da questo punto di vista appare inevitabile considerare questa riforma elettorale potenzialmente coerente al progetto della destra di ridimensionare il ruolo del Parlamento per una concentrazione del potere nel solo esecutivo, cui sembrano tendere anche le annunciate ‘riforme’ del Senato e della Giustizia. Nel primo caso, infatti, non ci si limita al superamento del bicameralismo perfetto e alla riduzione dei costi, ma è esplicita la volontà di cancellare del tutto la seconda Camera elettiva per sostituirla con un non meglio precisato comitato di rappresentanti degli enti locali, mentre per quanto riguarda la Giustizia è inevitabile il sospetto di un nuovo tentativo di ridurre l’indipendenza e delegittimare la Magistratura, che ha costituito in questi anni la principale garanzia del rispetto della legalità costituzionale contro ogni forma di abuso”.
Il documento conclude in questi termini: “A fronte della ossessiva pressione mediatica che tenta di presentare questa stagione di ‘riforme’ come una razionalizzazione indispensabile per garantire la ‘governabilità’, auspichiamo un impegno unitario e urgente di tutti coloro che intendono difendere la nostra democrazia e rifiutano di attribuire agli obiettivi di solidarietà, giustizia e uguaglianza su cui si fonda la nostra Costituzione la responsabilità di una crisi economica e sociale che trova origine invece nello strapotere di ambienti finanziari internazionali non sottoposti ad alcun vincolo democratico e di legalità”.
Si tratta di una battaglia fondamentale di democrazia. La legge elettorale non va approvata o dovranno essere abrogate, mediante referendum popolare, le sue parti in contrasto con i principi affermati dalla Corte costituzionale.